Esiste uno “statuto scritto dai padri costituenti”, una sorta di costituzione della mafia, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di Cosa nostra.
Una rivelazione, avuta grazie all’intercettazione della telefonata di uno dei boss arrestati dai carabinieri di Palermo in un blitz che ha colpito la cosca di Rocca Mezzomorreale, che i magistrati ritengono importantissima e che conferma l’osservanza da parte dei capimafia di ferree regole.
I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno arrestato, oltre all’intercettato, altre sette persone con le accuse di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Il blitz, coordinato dalla Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, ha colpito la ‘famiglia’ mafiosa di Rocca Mezzomorreale (Pa) e i suoi vertici, già condannati in via definitiva e tornati liberi dopo aver scontato la pena. In cella sono finiti anche uomini d’onore riservati, sfuggiti finora alle indagini, che sarebbero stati chiamati in azione solo in momenti di criticità per la cosca.
Un altro “importante tassello nella lotta tra legalità e illegalità” afferma il ministro della Difesa Guido Crosetto che si è recato nella sede del Comando legione carabinieri Sicilia per ringraziare del “lungo lavoro svolto in questi anni, lontano dai riflettori” che hanno portato anche all’arresto del super latitante Matteo Messina Denaro.
Non si fermano infatti indagini e perquisizioni per rintracciare tutti i fiancheggiatori del boss. Andrea Bonafede, figura fondamentale per la latitanza di Messina Denaro nonché suo prestanome, è stato arrestato dai carabinieri del Ros con l’accusa di associazione mafiosa su richiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e del sostituto Pierangelo Padova.
Bonafede, secondo i suoi racconti, conosceva Matteo Messina Denaro da tempo, ma solo pochi mesi fa il boss gli chiese di aiutarlo nelle cure per il tumore che doveva affrontare. In seguito il padrino chiese la carta d’identità e la tessera sanitaria di Bonafede. Il geometra acquistò poi l’appartamento di Vicolo San Vito con 15 mila euro che il latitante gli avrebbe girato.