Parte l’inno nazionale americano e i giocatori si inginocchiano. Tutti contro Trump: dall’Nba, alla Nfl passando per la Mlb. Il presidente degli Stati Uniti è riuscito a mettersi contro i grandi campioni degli sport più popolari oltreoceano, incassando così un pesante colpo alla propria popolarità già in forte calo.
Pochi giorni fa Stephen Curry – fresco vincitore dell’Nba di basket con i suoi Golden State – ha dichiarato di non voler partecipare al tradizionale incontro alla Casa Bianca tra il presidente e i vincitori della massima lega cestistica. Trump gli ha risposto piccato attraverso la sua arma preferita, Twitter: “Dovrebbe essere un grande onore venire alla Casa Bianca. Curry esita? Invito ritirato!”. La polemica a colpi di tweet si è rinfocolata grazie a un altro campione del basket americano, LeBron James: “Venire alla Casa Bianca è sempre stato un onore, almeno fino a quando sei arrivato tu”, ha cinguettato l’ala dei Cleveland Cavaliers. Un altro big della pallacanestro, Kobe Bryant, si è unito ai suoi colleghi contro Trump: “Un presidente il cui nome evoca rabbia e divisione, le cui parole ispirano dissenso e odio, non renderà l’America Great Again“, giocando sullo slogan della campagna elettorale del repubblicano.
U bum @StephenCurry30 already said he ain’t going! So therefore ain’t no invite. Going to White House was a great honor until you showed up!
— LeBron James (@KingJames) 23 settembre 2017
A #POTUS whose name alone creates division and anger. Whose words inspire dissension and hatred can’t possibly “Make America Great Again”
— Kobe Bryant (@kobebryant) 23 settembre 2017
Anche il mondo del football americano si è scagliato contro Trump. L’anno scorso il primo a inginocchiarsi durante l’inno nazionale è stato il quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick: un simbolico gesto di protesta dopo i tragici fatti di Charlottesville. Un episodio costato però caro a Kaepernick, che al momento si trova senza squadra.
La protesta nel corso di questo weekend ha contagiato numerosi atleti, come Bruce Maxwell, il primo giocatore della Major League di baseball a inginocchiarsi durante l’inno. Il gesto anti Trump ha persino valicato i confini nazionali, raggiungendo lo stadio di Wembley di Londra dove si sono affrontati i Jaguars di Jacksonville e i Ravens di Baltimora di football americano: tutti in ginocchio e abbracciati l’uno all’altro, compresi gli allenatori e i membri degli staff. Una scena che, dopo Wembley, si è ripetuta su tutti gli altri campi americani sui quali si è disputata la giornata di campionato di football.
Un duro colpo per il presidente Trump, la cui popolarità secondo gli ultimi sondaggi è ai minimi storici (39%). Ma l’uomo più potente d’America non si è fatto intimorire dalle proteste e – sempre su Twitter – ha rilanciato: “Se i tifosi della Nfl si rifiutano di andare a vedere i match fino a quando i giocatori non smettono di mancare di rispetto alla bandiera e al Paese, le cose cambieranno rapidamente”. Trump ha anche invitato i proprietari delle squadre a licenziare quei giocatori che, a sua dire, non rispettano l’inno. La provocazione del presidente ha così fatto scattare un nuovo motto: “E ora licenziateci tutti”.
If NFL fans refuse to go to games until players stop disrespecting our Flag & Country, you will see change take place fast. Fire or suspend!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 24 settembre 2017