Eccola. Inaspettata, più che mai. Sabato al Franchi di Firenze è arrivata la prima vittoria dell’Italrugby contro il Sudafrica. Uno storico 20-18 contro gli Springboks che rappresenta anche il primo successo contro una delle tre superpotenze del rugby dell’emisfero boreale. Il tutto a una settimana dal pesantissimo ko subito dalla Nuova Zelanda. Gli All -Blacks si erano imposti a Roma con un perentorio 68-10 in un match durato un quarto d’ora e dove il fischio finale è suonato come una liberazione. La sconfitta più pesante di sempre contro i “tuttineri”, che aveva fatto ripiombare nello sconforto tutti gli italiani appassionati della palla ovale, pensando che sì fosse sempre la solita storia. Una pagina storica invece il 15 azzurro l’ha scritta appena sette giorni dopo.
“Me lo sentivo che avremmo fatto la storia – rivela il capitano Sergio Parisse – ma sarebbe stato irrispettoso dirlo prima della partita. E poi dopo una sconfitta come quella dell’Olimpico di una settimana fa”. Gli dev’essere sembrato quasi folle il nuovo allenatore azzurro Conor O’Shea quando, racconta il capitano, incontrandolo per la prima volta in un bar a Parigi, dove il numero 8 gioca con lo Stade Francais, la prima cosa che gli disse fu: “A novembre dobbiamo battere il Sudafrica”. E gli azzurri non se lo sono fatti dire due volte.
La rivoluzione irlandese Grande parte del merito va a Conor O’Shea, l’irlandese che sta rivoltando da capo a piedi l’Italrugby, e al suo staff. O’Shea, Mike Catt, Ciccio De Carli e, seppur part-time Brandon Venter per la difesa, rappresentano uno staff di altissima qualità, il migliore che la nazionale abbia mai avuto. Conor ha inciso nella testa dei giocatori, ancor prima che nelle gambe e nelle mischie. Il rapporto è più diretto e coinvolgente. L’allenatore si sforza di parlare italiano, spiega le sue scelte e riesce far sentire coinvolti tutti i componenti del gruppo, da capitan Parisse fino al giovane esordiente. La rivoluzione dell’allenatore irlandese sta toccando ogni aspetto di preparazione a una partita: mentalità, tattica e condizione fisica. Conor è giovane e ambizioso ed ha fame di successo. A differenza dei suoi predecessori, da Brunel a Mallett che erano allenatori già fatti e finiti ed avevano già vinto tutto o quasi, sa che il futuro della sua carriera dipende dai risultati che otterrà in azzurro. E quest’ulteriore adrenalina sembra aver contagiato anche i giocatori. Nessuno vuole più accontentarsi delle “sconfitte onorevoli”, come magari è successo qualche volta in passato.
Fitness e intensità Sono le parole chiave del nuovo corso. O’Shea ha giustamente osservato come sia inutile giocare alla pari con avversari più quotati per venti minuti, un tempo o un’ora, per poi crollare inesorabilmente nel finale. Il tecnico ha rivisto gli standard della preparazione fisica e la metodologia di allenamento, per cercare di mantenere lo stesso livello d’intensità per tutti gli 80 minuti. <<Tutti dovranno essere in grado di giocare l’ultimo minuto come fosse il primo>>. La cura maniacale di ogni dettaglio gli sono valsi l’appellativo di “simpatico talebano” e il gruppo lo segue entusiasta. Capitan Parisse dixit: “Concetti di gioco diversi, giocatori finalmente consapevoli di quello che devono fare e in qualsiasi situazione”.
Qualcuno potrebbe imputare la vittoria contro il Sudafrica al momento di scarsa vena degli Springboks, ritenuta in patria la nazionale più scarsa di sempre. Gli uomini di Allister Coetzee hanno perso 6 degli ultimi 7 incontri e in Sudafrica tutti vogliono la testa del tecnico, il cui futuro è appeso a un filo. Ma ciò nulla toglie al trionfo degli azzurri, firmato dalle mete di van Schalkvyk (il sudafricano in azzurro) e Venditti. Perché l’Italrugby probabilmente in altri tempi questa partita non l’avrebbe vinta, andando solamente vicino all’impresa come in passato.
Fattore pubblico La nazionale della palla ovale, nonostante il rendimento tutt’altro che eccezionale, riempie sempre gli stadi italiani, come e più del calcio. A Roma la sonora sconfitta contro i “kiwis” è stata seguita da 64mila presenti sugli spalti dell’Olimpico, mentre l’impianto durante i derby rimane ormai desolatamente semideserto. Altri 22mila si sono dati appuntamento sulle tribune del Franchi a Firenze per la sfida contro gli Springboks. Il motivo è presto detto. Il clima di festa è esattamente l’opposto dello stato d’assedio che si respira durante gli incontri di calcio. Dentro e fuori lo stadio una festa come da tradizione: litri di birra, musica, gli stand con lo street food e il terzo tempo. Controlli sì, ma non ai limiti dell’inverosimile come quando allo Stadio Olimpico scendono in campo Roma e Lazio. La Federugby ha fatto di nuovo il pieno e questa volta a Firenze gli azzurri hanno ripagato gli appassionati con lo storico trionfo contro il Sudafrica, il primo in tredici precedenti contro i boks.
Con questa vittoria l’Italrugby sale al 13esimo posto nel ranking. Ma se anche dopo la stangata presa dai marziani neozelandesi non era tutto da buttare, allo stesso modo la vittoria contro il Sudafrica non può fungere da foglia di fico per nascondere tutte le problematiche del movimento, emerse non solo in nazionale ma anche dal Pro 12 in giù. Conor o’Shea e il suo staff sanno che il loro lavoro è solo all’inizio, e sabato a Padova c’è Tonga, sfida che concluderà il trittico autunnale. I precedenti dicono 3 a 1 per i pacifici, che però ora sono quindicesimi nel ranking e quindi dietro agli azzurri. Per Parisse & co. sarà un’altra battaglia per confermarsi ad alti livelli e dimostrare all’èlite del rugby di poterci stare.