Ore frenetiche in Iran, dove la popolazione si sta recando alle urne per decidere chi sarà il successore di Mahmud Ahmadinejad, alla guida del Paese. Una presidenza, l’ultima, segnata dalle dichiarazioni contro Israele e dal pugno di ferro con la comunità internazionale sul fronte dello sfruttamento dell’energia nucleare, da molti vista come scusa per la produzione di bombe atomiche. Stavolta, però, Ahmadinejad non potrà ricandidarsi, essendo già stato eletto per due mandati come prevede la legge iraniana.
Dopo le polemiche, ecco gli sfidanti. Sei i possibili successori alla presidenza e, molto probabilmente, sarà necessario ricorrere al ballottaggio. Due sono i candidati moderati: Mohammad Gharazi, ex-ministro del petrolio e delle comunicazioni e il religioso Hassan Rohani, appoggiato dagli ex-presidenti Khatami e Rafsanjani. Quest’ultimo, a sorpresa, è stato escluso dal Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, massimo organo consultivo della Repubblica islamica; temuto dai conservatori perché vicino ai movimenti d’opposizione, le motivazioni ufficiali sull’esclusione si basano su limiti d’età ma si dice che il vero motivo fosse evitare una sua, quasi certa, vittoria.
Gli altri sono esponenti conservatori, vicini all’Ayatollah Khamenei. Di questi il favorito dell’ayatollah è il 47enne Said Jalili, segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e negoziatore nella questione del nucleare. Dovrà guardarsi da Mohammad Baqer Qalibaf, che si è costruito una buona reputazione da leader negli otto anni come sindaco di Teheran e quando ricopriva l’incarico di capo della polizia. Gli ultimi due candidati sono Ali Akbar Velayati – per sedici anni ministro degli Esteri e attualmente consigliere dell’ayatollah per le questioni internazionali – e Mohsen Rezai, già comandandante della Guardia della rivoluzione e, attualmente, segretario del Consiglio per il discernimento, l’organo che funge da mediatore tra il Parlamento e il Consiglio dei guardiani.
I compiti del neo-presidente. Chiunque vincerà, dovrà preoccuparsi soprattutto dei problemi economici, dovuti agli effetti delle sanzioni internazionali, e a gestire una società per metà legata ancora ai rigidi principi della religione sciita. Il progetto dell’energia nucleare, infatti, è nelle mani dell’Ayatollah, Ali Khamenei, principale leader politico, custode spirituale nonché capo delle forze armate. Intanto, nei giorni scorsi, migliaia di account Google, appartenenti a utenti iraniani, sono stati vittima di un attacco hacker, come confermato dalla società californiana che giudica l’attacco «politicamente orientato e legato alle elezioni».
Domenico Cavazzino