WASHINGTON – Si è conclusa senza apparenti accuse l’indagine del procuratore speciale americano Robert Hur sui documenti classificati trovati nel garage e in un ufficio della dimora del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. La lettera del procuratore generale Merrick Garland al Congresso non include una copia del rapporto, che è in fase di riesame dei legali, e non fa cenno ad accuse. L’indagine riguarda carte risalenti al suo periodo da senatore e poi da vice presidente con Barack Obama. Biden si è sempre detto all’oscuro dei documenti ritrovati.
Vicenda molto diversa da quella dei file custoditi dall’ex presidente Donald Trump nella residenza di Mar-a-Lago. Il tycoon è accusato di quaranta crimini federali, tra cui “ostruzione” alla giustizia.
Oggi la Corte suprema degli Stati Uniti esaminerà il ricorso di Trump contro l’esclusione della sua candidatura in Colorado in base al 14esimo emendamento, che vieta le cariche pubbliche a funzionari coinvolti in insurrezioni o rivolte contro la costituzione. Secondo la Corte d’appello, Trump non ha più l’immunità presidenziale e può essere processato per gli eventi legati all’assalto del Congresso il 6 gennaio del 2021 e per aver provato a ribaltare i risultati delle elezioni del 2020. L’obiettivo minimo della difesa dell’ex presidente è ritardare l’inizio del dibattimento che era stato fissato per il prossimo 4 marzo, ma aggiornato a data da destinarsi.
I giudici della Corte d’appello hanno spiegato che l’ex presidente è diventato un semplice cittadino e che la tesi difensiva non è supportata da precedenti: “Qualsiasi immunità esecutiva che avrebbe potuto proteggerlo mentre era presidente non lo protegge più”. La difesa di Trump ha avvertito sul possibile rischio di una serie infinita di inchieste politiche: “Se a un presidente non viene concessa l’immunità, ogni futuro presidente che lascerà l’incarico sarà immediatamente incriminato dal partito avversario”, ha detto l’avvocato Steven Cheung.