È ormai crisi in Libia, dove dal 27 agosto scorso la Settima Brigata del colonnello Abdel al-Kani si è rivoltata contro il governo di Tripoli e del presidente Fayez al-Sarraj. Nonostante sia stata formalmente sciolta lo scorso aprile dallo stesso Sarraj, il cui governo gode dell’appoggio delle organizzazioni internazionali, la 7a Brigata continua la sua avanzata contro Tripoli. Secondo fonti locali, la Brigata ribelle sarebbe legata a Salah Badi che, secondo il quotidiano degli Emirati Arabi The National, “giocò un ruolo rilevante negli scontri del 2014 che devastarono la capitale libica”. A nove giorni di distanza da quando si è aperto il conflitto si contano almeno 50 morti, 19 dei quali civili, e 138 feriti.
La risposta di al-Sarraj non si è fatta attendere: il presidente libico ha dichiarato lo stato di emergenza e ha chiesto alla “Forza Antiterrorismo” comandata da Mohammad al-Zain di avvicinarsi alla capitale libica per fermare l’avanzata insurrezionalista della 7a Brigata. Da ieri circa 300 blindati sono stanziati in una caserma nel quadrante occidentale di Tripoli, mentre i combattimenti sono ormai a 6 chilometri dal centro della città. Dalla parte del colonnello al-Kani però si sarebbe schierata la potente milizia di Zintan, la più importante delle forze anti-governative che sono rimaste nell’ombra fino ad oggi.
Questa nuova escalation sembra far naufragare il piano di pace delle Nazioni Unite che prevede libere elezioni politiche per il prossimo dicembre. Per cercare di evitare questa prospettiva, l’Onu ha cercato di organizzare per la giornata di oggi un vertice allargato a tutte le fazioni coinvolte nel conflitto.
Nel caos generale intanto, sono evasi 400 detenuti dal carcere di Ain Zara, a sud della capitale libica approfittando della peggiore guerriglia urbana degli ultimi 4 anni.