Un passo avanti, sulla carta. Una carta su cui ci sono due immensi spazi bianchi al posto delle firme del presidente e del generale. Tracciare un bilancio della conferenza di Berlino sulla Libia è difficile: se da un lato è stato annunciato come l’inizio di un processo di pace, dall’altro pesa il fatto che Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar siano rimasti in stanze separate (con Angela Merkel a fare la spola) e soprattutto che nessuno dei due abbia firmato il documento che punta a un cessate il fuoco duraturo, a un embargo sulle armi e alla fine delle ingerenze straniere. Senza contare il fatto che tra i firmatari dell’accordo ci sono proprio quei paesi responsabili delle ingerenze che ora si vogliono fermare, dalla Turchia alla Russia.
Il Consiglio affari esteri dell’Unione europea di oggi servirà a parlare ancora di Libia. L’Alto rappresentate dell’Ue, Josep Borrel, ha spiegato di volere una seconda vita per la missione Sophia, l’operazione europea di sicurezza nel Mediterraneo che ha sostituito Frontex. Gli ha risposto il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, sottolineando che “Sophia non si è mai interrotta, ma adesso si dovrà decidere qual è l’assetto migliore”. Mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato su Facebook il suo arrivo a Bruxelles, tirando le somme del summit di ieri: “Il risultato che abbiamo raggiunto è molto importante, tra i punti di accordo trovati è stato ribadito quello che l’Italia chiedeva da tempo con insistenza: il rispetto dell’embargo delle armi con relative sanzioni per chi viola le regole, la necessità di agire solo tramite azioni politiche escludendo quelle militari e il monitoraggio costante della situazione in Libia”.
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L’opzione di una missione di pace in Libia da parte dell’Unione europea resta, al momento, sullo sfondo. Ieri sera è stata segnalata una “ripresa dei combattimenti” nella parte “Sud di Tripoli” da una tv della catena al-Arabiya. Gli scontri sono avvenuti “nei pressi del cimitero” di al-Hadba e sarebbero il risultato di un tentativo di avanzata nella zona da parte delle milizie del generale Khalifa Haftar.