Erano passati 17 anni dall’ultima legge sul copyright. Ieri, però, il Parlamento europeo ha segnato una svolta. Un’ampia maggioranza – 438 favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti – ha votato per la riforma del diritto d’autore in rete: una decisione che arriva dopo la bocciatura dello scorso luglio della direttiva firmata dalla commissione Affari giuridici. La risoluzione, però, non è definitiva. Saranno avviati, infatti, i negoziati tra la Camera, la Commissione e il Consiglio europeo. Il termine ultimo per l’accordo è marzo, poiché ad aprile è prevista l’ultima sessione a Strasburgo prima delle elezioni europee di maggio.
Le novità. Il testo approvato dall’Aula ha accolto gli emendamenti presentati per due articoli in particolare, l’11 e il 13. Il primo prevede l’inserimento di una tassa sulle notizie: gli editori saranno ricompensati per la pubblicazione, sulle piattaforme web, di una parte o della sintesi del contenuto di un pezzo. Inoltre, le anteprime degli articoli create da social e aggregatori di notizie – gli “snippet” – saranno a pagamento. I link accompagnati da singole parole si potranno condividere liberamente, così come i meme e le parodie. L’articolo 13, invece, prevede che i giganti del web dovranno servirsi di sistemi automatici di controllo affinché i contenuti caricati dagli utenti non violino il diritto d’autore. Se ciò accadesse, la piattaforma sarebbe obbligata a eliminare il materiale illecito.
I soggetti coinvolti. Il voto dell’Europarlamento a favore della direttiva sul copyright ha imposto a Facebook, Twitter, Google e Youtube – i cosiddetti “prestatori di servizi di condivisione online” per scopi commerciali – di compensare in modo “equo” gli editori dei giornali e i giornalisti. Ma anche i produttori cinematografici e musicali, gli artisti, gli scrittori, insomma, i creatori di contenuti. Discorso diverso per Wikipedia, che è esclusa in quanto gratuita e priva di pubblicità. Vale lo stesso discorso per GitHub – software open source – piccole imprese, start up e servizi di cloud, così come per enciclopedie, biblioteche e portali di commercio elettronico per la vendita di beni fisici.
Le perplessità. L’equilibrata distribuzione dei ricavi può essere un aiuto per gli editori e i creatori di contenuti: così facendo il loro lavoro sarebbe remunerato adeguatamente e si potrebbe delineare uno scenario nel quale aumenta la qualità di quanto circola sul web. Allo stesso tempo, però, il ridimensionamento degli aggregatori di notizie – ad esempio, Google News – potrebbe essere svantaggioso per gli editori, soprattutto per i più piccoli che avrebbero difficoltà ad essere intercettati sulle varie piattaforme.