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Legge elettorale, la corsa a ostacoli di Renzi tra fronde e veti incrociati . E l’incontro col M5S salta di nuovo

di Nino Fazio07 Luglio 2014
07 Luglio 2014

Legge elettorale, la corsa a ostacoli di Renzi tra veti incrociati e fronde interne

Continuano le tensioni in casa PD sulla legge elettorale. Il premier Matteo Renzi è deciso ad andare avanti sulla strada delle riforme, a costo di scontrarsi con “nemici” esterni e interni. La “fronda-dem”, capeggiata da Corradino Mineo e Vannino Chiti, rumoreggia, infatti, per un testo ancora in cantiere sul quale l’aula è già chiamata a pronunciarsi. Proprio il senatore Mineo chiede in maniera polemica se «vi pare normale che l’Aula sia chiamata a esprirmersi su un testo che nessuno ha mai visto». L’ex direttore di Rainews24 è stato recentemente silurato da Renzi, che lo ha rimosso dalla Commissione affari costituzionali del Senato. Si fa spazio l’ipotesi di un documento congiunto a firma delle minoranze del Partito democratico e di Forza Italia per chiedere al presidente del Senato, Pietro Grasso, di rinviare le prime votazioni sulla legge elettorale. Minoranze si fa per dire, considerando che, sommando i dissidenti delle due fazioni sul tema delle preferenze, si arriverebbe a quota 100.

Sempre l’Italicum, nato dal patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, è al centro della corrispondenza di questi giorni tra democratici e Cinque stelle. Il pentastellato Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, aveva fatto sapere che il Movimento era d’accordo su otto punti dei dieci proposti dal PD in una lettera. Ma dopo il “flirt” reciproco dei giorni scorsi, arrivano le polemiche.  Sebbene Di Maio e i colleghi del M5S si siano detti «consapevoli di essere davanti a una opportunità storica per cambiare l’Italia», l’incontro tra i due partiti – originariamente previsto per lo scorso giovedì e poi rimandato a oggi – è stato annullato all’ultimo minuto. I democratici chiedono, infatti, che le parole del vicepresidente della Camera sulla legge elettorale vengano messe nero su bianco in un documento ufficiale. Troppe volte a possibili aperture “grilline” sono seguiti repentini dietro-front. Di possibile tranello parla il deputato PD Dario Ginefra, secondo il quale «le parole di Di Maio appaiono come un pasticcino avvelenato».

Sulla sponda cinque stelle, l’ennesimo rinvio in pochi giorni suscita reazioni contrastanti. Mentre Luigi Di Maio fa sapere che «da ora in poi parliamo solo con Renzi» perché «nel Pd gli altri non sono affidabili», ma assicura che «non c’è nessuna volontà di far saltare questo tavolo», Beppe Grillo attacca il premier. Con un intervento sul suo blog, l’ex comico genovese definisce il presidente del Consiglio «un ebetone pericolosissimo» e sottolinea che «Renzi, le cui palle sono sul tavolo di Verdini e Berlusconi, rifiuta con il M5S ogni confronto democratico e che l’Italia dovrà pagarne tutte le conseguenze». E se con una risposta da pompiere  – «Io sono un ebetino, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui il M5S è pronto a votare con noi?» – Renzi cerca di ricomporre la frattura, si aggiunge altro “fumus confusionis” a quello già presente. Stando alle dichiarazioni di Di Maio, comunque, sarebbero principalmente due i punti su cui il M5S non vuole sentire ragioni: l’elettività del Senato che secondo le disposizioni dei padri costituenti «doveva essere eletto su base regionale» e l’immunità, perché «politici e cittadini devono essere uguali davanti alla legge».

E intanto anche i partiti di governo alzano la posta, cercando di mettere a frutto il loro peso nella maggioranza. Il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e L’Udc di Casini giocano a ribasso sulle soglie di sbarramento, forti delle diatribe interne al partito di via del Nazareno e a Forza Italia.

Movimenti convulsi, dunque, all’interno della maggioranza e non solo. Riuscirà Renzi a tenere a bada le minoranze interne o cadrà come i predecessori sotto il fuoco “amico” delle cordate? Il rischio di un ammutinamento dell’equipaggio dem è concreto. Forse anche per questo il premier sta cercando di allargare il più possibile la base parlamentare a sostegno della riforma. Ma i veti incrociati pesano e rischiano, ancora una volta, di condurre all’immobilismo.

Nino Fazio

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