Sarà una settimana importante, la prossima, per la politica italiana. Il 24 gennaio la Consulta si esprimerà sulle questioni di legittimità incostituzionale per la legge elettorale della Camera dei Deputati, conosciuta come Italicum. Importante, oltre all’esito di martedì, sarà anche comprendere le motivazioni della sentenza, che verranno spiegate dalla Consulta il 10 febbraio. Una lunga partita che consentirà ai partiti di organizzare il proprio futuro.
La Consulta potrebbe aprire a due soluzioni. La prima sarebbe dichiarare illegittimo il ballottaggio e concedere il premio di maggioranza per chi supera il 40% dei voti (354 seggi). Due anni fa i presidenti emeriti della Consulta Gaetano Silvestri e Giuseppe Tesauro dichiararono al Senato legittimo un premio per chi supera il 37% (nel 2014 era questa la soglia da superare dell’Italicum). Se così fosse, sarebbe risolta la disomogeneità tra le due Camere.
Tuttavia la Consulta potrebbe decidere diversamente, o meglio non farlo, non pronunciarsi sulla legittimità dell’Italicum. Una possibilità riportata dal costituzionalista Roberto Bin su “la costituzione.info”. Secondo Bin la Consulta si muoverà in questa direzione perché «la legge non è mai stata applicata e anzi al momento della prima ordinanza (del tribunale di Messina) non era neppure in vigore». Non sussisterebbe nessun danno da dimostrare a causa della mancata applicazione della legge. Il ricorso sarebbe quindi illegittimo. Lo scenario condurrebbe i partiti a una situazione di stallo: difficile sarà infatti trovare un modello condiviso dalle forze in campo. E il risultato allungherebbe la durata del governo Gentiloni.
In attesa dell’esito la politica esprime le proprie posizioni. Matteo Renzi punta al ballottaggio perché «è il modo per evitare inciuci e larghe intese, che non servono al Paese» o, in alternativa, al Mattarellum. Il dibattito sulla legge è molto acceso anche nel centrodestra. Berlusconi vuole il proporzionale, ma per Salvini si è «pronti per votare con qualsiasi legge elettorale».