Il Coronavirus si abbatte sull’economia cinese che, secondo l’Ufficio nazionale di statistica, segna il primo calo dall’inizio degli anni ‘90.
Dopo il blocco delle attività produttive per contenere l’infezione, che ha comportato la chiusura di centri commerciali, cinema e ristoranti in tutto il Paese, la produzione industriale nei mesi di gennaio e febbraio è crollata. Se le attese erano del +1,5%, dopo il +6,9% di dicembre, il tonfo è netto: -13,5%.
Il crollo delle vendite al dettaglio è del 20,5% su base annua, sempre nei primi due mesi del 2020. Dicembre aveva segnato un +8% e per gennaio-febbraio era prevista una crescita dello 0,8%.
Tracollo anche per gli investimenti in attività fisse con un -24,5% annuo, a 330 miliardi di yuan (50 miliardi di dollari circa). In tutto il 2019 il risultato era stato +5,4% e il rialzo atteso dai mercati era del 2,8%.
Giù gli investimenti privati, che scendono a -26,4% (+4,7% nel 2019), e quelli pubblici, che calano a -23,1% (+6,8%). Male anche quelli nelle industrie high-tech (-28,2%).
Dopo il più pesante tonfo negli ultimi trent’anni, l’Ufficio nazionale di statistica è comunque fiducioso che il Paese possa “raggiungere gli obiettivi economici” fissati per il 2020.
La Banca centrale cinese ieri ha annunciato che terrà la liquidità a un livello ragionevole e sufficiente per tenere il costo dei prestiti basso. Le banche cinesi, ha scritto l’agenzia Bloomberg, hanno immesso 182,1 miliardi di yuan di prestiti speciali e 107,5 di prestiti ordinari fino al 13 marzo.