“Ma proprio a me doveva accadere questa cosa?”. È la domanda che ha spinto Le Vibrazioni a cantare “Dov’è”, il brano proposto al Festival di Sanremo. “Questa canzone invita a raccogliere la sofferenza, per poterla gestire come faceva Rocky. Incassare e poi attaccare”. Un discorso legato ai valori della felicità indotta, che per Sarcina è “saper accettare il dolore attraverso la solitudine e la sofferenza”.
Poi l’evoluzione del gruppo, che nasce e si sviluppa in sala prove e a casa. “C’è stato un cambiamento sul modo in cui tiriamo fuori la musica, in particolare nell’ascolto dei concetti”. La volontà, dice Sarcina, è quella di non buttare più via le canzoni, adattandole al tempo che passa. “Lavoriamo insieme da quasi trent’anni e questo va bene, anche se ogni tanto capita di litigare”.
Sono stati indicati tra i favoriti per la vittoria finale, ma loro scostano subito i pronostici per mettere davanti cose di maggior rilievo: “Abbiamo paura di ciò che non conosciamo”. Poi la scelta di portare sul palco il linguaggio dei segni: “In sala prova Mauro era magico per la sua fisicità emotiva. Una vera e propria danza”. Tutto sul filo della comunicazione dei sentimenti, leit motiv delle Vibrazioni.
Il rapporto col maestro Beppe Vessicchio è un altro dei temi toccati da Sarcina e compagnia. “Siamo accompagnati da venti violisti e violoncellisti, che prendono tutta la sezione archi. Ci stavamo lavorando già prima, lui ha scelto noi per tornare al Festival e questo è stato per noi un grande onore. Lui è una rockstar a tutti gli effetti”. Una spinta in più per sciogliere la tensione.