E’ la prima intervista di Papa Francesco quella concessa a padre Antonio Spadaro, di Civiltà cattolica, quindicinale dei gesuiti (l’ordine del quale fa parte anche Bergoglio). Ecco un’analisi dei passaggi più significativi. La Misericordia è il principio guida che il pontefice predica anche per «accompagnare» omosessuali e divorziati che si sono risposati, perché, ha spiegato il pontefice «bisogna sempre considerare la persona».
«Sono un peccatore cui Dio ha guardato». L’intervista è insieme una confessione a cuore aperto nel quale il Papa si definisce «un peccatore al quale il Signore ha guardato». E nel quale racconta di aver sentito pace e consolazione interiore prima dell’elezione, ma anche un buio totale, un’oscurità profonda. Il pezzo rilegge la sua storia di gesuita, anche riguardo ad alcuni momenti difficili: «Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato ad avere seri problemi e a essere accusato di essere ultraconservatore. Ma non sono mai stato di destra».
«Le unioni gay e l’aborto non devono ossessionarci». «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi». Ecco dunque la Chiesa che predica il Vangelo anche ai gay e cerca di vederli come li vedrebbe Cristo: «Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?». È la stessa risposta – più approfondita – che il Papa aveva dato ai giornalisti sull’aereo tornando da Rio de Janeiro il 29 luglio: «Chi sono io per giudicare un gay?». Ma ieri ha aggiunto: Dio ci ha «resi liberi», la Chiesa ha la sua pedagogia sull’uso della sessualità ma non ha il diritto di compiere alcuna «ingerenza spirituale» nella vita delle persone. E l’invito alla misericordia è esteso anche alle donne che dopo aver scelto la strada dell’aborto si sono «sinceramente pentite». Il confessionale, ha ricordato Francesco, «non è una sala di tortura, ma il luogo della misericordia nel quale il Signore ci stimola a fare meglio che possiamo. Ecco cosa fa il confessore».
La fine dell’ingerenza spirituale. Nell’insieme dell’intervista Francesco elenca tutti gli input avversi alla sua veduta evangelica, tesa a soccorrere l’uomo ferito e ad accompagnarlo con misericordia: il martellamento dei precetti nella vita pubblica, la tendenza degli uffici di Curia a trasformarsi in «organismi di censura», il lamento «su come va il mondo barbaro», l’ostinazione a «recuperare il passato perduto». Dopo l’elenco, ecco le parole severe con cui il Papa delle periferie enuncia la sua diagnosi: seguendo una tale «visione statica e involutiva» la fede «diventa un’ideologia tra le altre». Quello che il Papa argentino si ripromette di fare è più di un aggiustamento dei precetti, è di «trovare un nuovo equilibrio» tra la predicazione del Vangelo e l’annuncio delle dottrine: non è possibile «rinchiudere la Chiesa in piccoli precetti». Per parlare davvero all’umanità di oggi, ai tanti feriti della vita, è necessario «un annuncio di tipo missionario, che si concentra sul necessario, sull’essenziale», e cioè sulla «proposta evangelica» che deve essere «più semplice, profonda, irradiante».
Marco Potenziani