Le ossa trovate, a fine ottobre, nella sede della Nunziatura del Vaticano in via Po a Roma, non appartengono a Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Secondo quanto trapelato dalla Procura di Roma, che si occupa delle indagini fin dal ritrovamento, le prime analisi effettuate sui resti, avrebbero stabilito che i frammenti ossei hanno una datazione quantomeno antecedente al 1964. Sempre da quanto si apprende dalla Procura, le ossa apparterrebbero a un uomo. A stabilirlo è il dna che presenterebbe il cromosoma y, che caratterizza il sesso maschile. Nei prossimi giorni, verranno effettuati esami ancora più approfonditi, al fine di individuare con certezza l’epoca a cui risalgono. Per i risultati bisognerà però attendere almeno due settimane, e i tempi potrebbero ulteriormente dilatarsi a causa dello stato di conservazione delle ossa, che rende difficile effettuare test comparativi del dna.
“Da quanto mi risulta questi sono i primi esiti degli esami col metodo del carbonio 14: io vorrei aspettare la fine e poi vorrei avere il risultato dell’esame genetico con il Dna, che può dare la certezza sulla datazione”. Queste le prime reazioni di Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che aggiunge: “Vorrei anche capire da che cosa dipende questo spartiacque così netto del 1964. In ogni caso andrà chiarito perché c’erano quelle ossa pochi centimetri sotto il pavimento”.
Potremmo dunque essere di fronte all’ennesima falsa pista di questa vicenda. Dal 1983, data della scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, sono infatti state molte le piste battute dagli inquirenti. Dal coinvolgimento nel rapimento di esponenti della banda della Magliana, fino all’intrigo internazionale incentrato sulla figura di Alì Agca, autore dell’attenatato a Giovanni Paolo II, e dell’organizzazione terroritica a cui apparteneva.