L’Ucraina continua a riconquistare territori. Nelle ultime 24 ore, oltre 20 insediamenti occupati dai russi sono tornati sotto il controllo di Kiev, le cui truppe si trovano ora a circa 50 chilometri dal confine con la Russia. La controffensiva ucraina ha strappato a Mosca gran parte della regione di Kharkiv, area in cui, però, le forze russe continuano a lanciare attacchi di precisione contro le unità dell’Ucraina, come dichiarato da Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa di Mosca. Le truppe di Kiev potrebbero puntare ora verso la regione di Lugansk, da cui giungono notizie di ulteriori ritirate russe.
Il licenziamento di Berdnikov e il ritorno di Kadyrov
Le pesanti sconfitte sul campo di battaglia hanno causato il licenziamento del comandante del Distretto militare occidentale della Russia, Roman Berdnikov. Allo stesso tempo, il leader ceceno Ramzan Kadyrov, soldato fedelissimo del presidente russo Vladimir Putin, ha annunciato il ritorno in Ucraina delle sue unità speciali d’élite.
Nonostante il ritorno in campo delle forze cecene, Putin ha pochi uomini a disposizione per reagire alla controffensiva ucraina. L’unica pedina di rapido impiego sono le truppe del Terzo Corpo d’Armata, ma il loro utilizzo comporterebbe l’assenza di truppe di riserva. Per questo motivo, al Cremlino comincia a essere evocata la possibilità di dichiarare lo stato di guerra mobilitando così i ragazzi di leva.
L’ipotesi di bombe nucleari tattiche e il gelo sui negoziati
Inoltre, Putin non ha strumenti per fermare la quotidiana consegna di armamenti occidentali a Kiev, ma il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che la Russia continuerà l’operazione militare speciale in Ucraina “fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. In questo scenario, prende corpo l’ipotesi di un uso di bombe nucleari tattiche, l’unica arma di supremazia russa sull’Ucraina.
Lo stesso Peskov fa sapere di non vedere alcuna possibilità di negoziati con Kiev, mentre il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha dichiarato alla Cnn di essere disponibile a discutere con Mosca soltanto quando le truppe russe avranno lasciato tutti i territori ucraini.
La telefonata tra Macron e Putin
Il possibile innalzamento del livello di scontro è il fattore che ha spinto il presidente francese Emmanuel Macron a chiamare Putin, nella giornata di ieri. La conversazione tra i due leader si è concentrata in particolare sulla sicurezza della centrale di Zaporizhzhia, da cui non saranno ritirate le truppe russe, come spiegato da Peskov. Il colloquio, però, si deve soprattutto all’esigenza di Macron di riallacciare i contatti con Mosca, per evitare che un isolamento totale di Putin costituisca la premessa per decisioni sconsiderate da parte russa.