Il 2014 potrebbe essere un anno di novità per l’agenzia di stampa internazionale Associated Press che sta progettando di inserire per la prima volta degli sponsor nel flusso delle sue notizie di agenzia. Fino ad oggi, l’AP aveva condotto una diversa strategia di marketing: solo il 2% dei ricavi proveniva dalla pubblicità, un altro 13 % dai servizi che l’agenzia offre ai clienti e la stragrande maggioranza degli introiti (85%) dagli abbonamenti di stazioni tv, giornali e siti internet.
Ma “vendere i contenuti è un’attività economica in declino in tutto il mondo”, ha spiegato Jim Kennedy, responsabile della sezione strategia e prodotti digitali dell’ AP, “e crescerà solo per circa l’ 1 % l’ anno : quindi è nostro dovere trovare nuove fonti di reddito”. Ha fatto capire che diversi potenziali inserzionisti sono in trattative con l’agenzia ma, per il momento, il responsabile si è rifiutato di indicarli in maniera specifica. La decisione di cambiare il peso dei fattori in gioco è arrivata soprattutto registrato il fatturato dell’anno scorso, che è stato lievemente inferiore a quello del 2011 (622,2 milioni dollari contro 627,6). Secondo Kennedy il calo deriva in gran parte dalla riduzione delle tariffe per i giornali, alcuni dei quali avevano dovuto rinunciare ai loro abbonamenti con l’AP a causa della recessione .
Le primi possibili campagne di sponsorizzazione saranno legate a grandi eventi che l’agenzia si sta preparando a coprire, come il Super Bowl, le Olimpiadi invernali e gli Academy Awards. I messaggi pubblicitari saranno chiaramente contrassegnati come tali: “Non vogliamo mettere a rischio la nostra reputazione “, ha detto Kennedy.
La testata si sta muovendo per aiutare gli inserzionisti a creare dei contenuti usando anche, eventualmente, risorse video o foto di AP. Interventi in termini di ‘’Native advertising’’, disegnati cioè per imitare le linee del sito in cui compaiono, sono sempre più diffusi sia tra le aziende solo-digitale che presso testate più tradizionali, come Washington Post e forse presto New York Times e Wall Street Journal.
Alessandra D’Acunto