BRUXELLES – Notevole incertezza. È questo il clima, a detta della presidente della Bce Christine Lagarde in audizione in commissione Affari economici a Strasburgo, in cui dovrebbe prendere forma la crescita dell’Eurozona a fronte dell’imposizione dei dazi voluta dal presidente americano Donald Trump su prodotti di esportazione europei, tra cui acciaio e alluminio. Sebbene “le esportazioni – secondo la banchiera francese – dovrebbero beneficiare della crescente domanda globale”, la crescita di queste ultime rimarrà “subordinata agli sviluppi nelle politiche commerciali internazionali”.
Per la responsabile dell’Eurotower, i soli dazi statunitensi sul “made in Eu” possono ridurre la crescita di 0,3 punti percentuali, soprattutto se l’Unione europea, come annunciato, darà seguito alle minacce di risposta. L’effetto cumulativo di tariffe Usa e contro-tariffe Ue possono, infatti, “mangiare” mezzo punto di Pil all’economia dell’intera eurozona.
È proprio Lagarde a fare un primo calcolo di quanto potrebbe costare una guerra commerciale transatlantica, offrendo le stime del suo staff come campanello d’allarme per le scelte che l’Europa sarà chiamata a prendere da qui in avanti. Secondo la Bce, le ultime proiezioni parlano di un’economia che “crescerà dello 0,9% nel 2025, dell’1,2% nel 2026 e dell’1,3% nel 2027″. Non una crescita sostenuta, dunque.
Riflettere molto prima del sequestro di asset russi
In questo contesto, nel suo discorso Lagarde ha affrontato anche la questione degli asset russi bloccati in Europa. Il capo della Bce ha detto che “qualsiasi cosa” come un sequestro “dovrebbe realmente tenere conto delle conseguenze sulla stabilità finanziaria, nell’ordine monetario, dei principi di diritto internazionale che desideriamo tanto vedere rispettati da un paese come la Russia, anziché violarli. E penso che su entrambi i fronti i governi dovranno riflettere a lungo e attentamente prima di decidere di muoversi in qualsiasi direzione”.
Ad ogni modo, Lagarde ha assicurato che questi temi non ostacoleranno “la nostra capacità di rispettare il nostro mandato ‘whatever it takes'”, citando le celebri parole del predecessore Mario Draghi (contro la crisi del debito nel 2012) per chiarire che l’istituto centrale resta focalizzato al proprio mandato indipendentemente dal fatto che i propri investimenti generino profitti o meno.