“L’Africa negli ultimi 15 anni ha cambiato volto ma per i media occidentali è sempre il terzo mondo”. A parlare è Tolu Ogunlesi, giornalista nigeriano e corrispondente di testate prestigiose come ‘New York Times’ e ‘Financial Times’. Al Festival internazionale del giornalismo di Perugia – al via oggi – si presenta, però, non a caso come giornalista del ‘The Africa Report’. Parla di “giornalisti da elicottero, paracadutati nei Paesi del continente nero per dare bocconi di notizie e tornare, subito dopo, a casa”.
Sul banco degli imputati i giornalisti occidentali che – secondo Antonella Palmieri, freelance che vive in Kenia – usano gli stereotipi consolidati, come la povertà e la violenza “per aggirare la difficoltà di interpretare cambiamenti che necessitano di conoscenze approfondite e presenza in loco”. Semplificare, dunque, è più semplice e ripaga gli editori, perché – anche per i lettori – i luoghi comuni sono rassicuranti. Così c’è un’Africa, quella delle conquiste e dei miglioramenti, che sulla stampa nostrana non esiste. Antonella Sinopoli, co-fondatrice della rivista “Voci Globali”, vive e lavora in Ghana, uno dei 56 Paesi del continente che nelle cronache vengono chiamati in maniera generica “Africa”.
Da qualche anno, però, i social media – come Facebook, Twitter e YouTube – hanno inferto delle crepe sempre più evidenti al “giornalismo globale”, facendo emergere il punto di vista di chi in Africa vive quotidianamente. Tolu Ogunlesi è una voce di controinformazione che ce l’ha fatta ad arrivare lontano. Premiato due volte dalla CNN come miglior giornalista africano, esorta tutti – giornalisti e non – a crederci e ad avere più fiducia in sé stessi. “È un percorso lungo – ammette – ma, grazie a internet – riusciremo a equilibrare le notizie dei media occidentali e a restituire all’Africa il suo vero volto”.
Nino Fazio