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HomeEconomia “L’accordo aziendale può favorire stipendi ancora più bassi”

"L'accordo aziendale
può favorire stipendi
ancora più bassi"

Il giuslavorista: "Troppi contratti

si rischia dumping salariale"

di Andrea Persili28 Febbraio 2022
28 Febbraio 2022

Roberto Pessi è giuslavorista, avvocato e docente Luiss. Abbiamo esaminato con il docente alcuni aspetti tecnici legati ai meccanismi della contrattazione collettiva. 

Si parla in questi giorni della perdita di potere d’acquisto dei lavoratori. 

E’ difficile fare qualsiasi tipo di rilevazione statistica in questo momento. Ci sono stati il covid, la pandemia, il caro bollette e l’inflazione che riparte. Proprio per questo però il tema della perdita del potere di acquisto è molto rilevante. 

La contrattazione aziendale può porvi rimedio? 

Può servire solo nelle aziende che si trovano in una situazione di particolare benessere, ma nella maggior parte dei casi non credo possa essere la soluzione del problema. 

Perché? 

La contrattazione aziendale in un’economia caratterizzata da piccole e medie imprese è particolarmente complessa. E’ normale che un’azienda di piccole dimensioni abbia un’attitudine alla prudenza: il costo del lavoro è visto come un elemento di concorrenza. 

C’è il rischio della contrattazione collettiva pirata?

Sì, la contrattazione pirata è l’effetto della proliferazione dei contratti collettivi. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) sta facendo un lavoro importante per realizzare un’anagrafe con l’obiettivo di verificare quanti contratti collettivi siano stati stipulati dalle organizzazioni sindacali effettivamente rappresentative. Ma la contrattazione pirata è però un fenomeno più ampio…

In che senso? 

Nel senso che la contrattazione pirata è tale non solo quando è fatta da sindacati autonomi che si prestano a stipulare contratti collettivi a ribasso. C’è anche la tendenza delle imprese a cercare aree di applicazione dei contratti più favorevoli. 

Può fare un esempio? 

Prendiamo il contratto collettivo della “Multiservizi”: su certe figure prevede paghe inferiori al reddito di cittadinanza. In quel caso l’accordo non è stato siglato da sindacati autonomi, ma da organizzazioni sindacali aderenti alle tre grandi confederazioni. Il caso evidenzia che il datore di lavoro può decidere a quale contratto collettivo fare riferimento. Obbligarlo magari ad aderire a quelli stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative di per sé non elude il problema. 

Un sistema polverizzato

Sì, prenda ad esempio il settore nautico dove ci sono quattro o cinque contratti collettivi e il datore di lavoro può scegliere quale applicare. 

Che fare? 

I commi II e III dell’articolo 39 della Costituzione o li applichi o li abroghi: in questo secondo caso le leggi potrebbero tranquillamente recepire il contenuto dei contratti collettivi. 

Con quali vantaggi?

I decreti di recepimento non solo varrebbero “erga omnes”, ma potrebbero predeterminare anche l’ambito di applicazione dei contratti. La mia idea è lasciare mano libera al legislatore per regolare la contrattazione collettiva.

Si parla in questi giorni di una legge sulla rappresentatività

Anche in quel caso l’ostacolo potrebbe essere proprio l’articolo 39 della Costituzione che si muove in una logica di presupposti rigorosi che devono essere soddisfatti. Certo, come nel caso del pubblico impiego, ci potrebbero essere interpretazioni creative da parte della Corte Costituzionale. In ogni caso però la legge sulla rappresentatività non risolve il problema dell’estensione del contenuto normativo dei contratti collettivi che incide profondamente anche sul trattamento economico del lavoratore. 

 

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