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HomeCronaca “L’abbandono a se stessi è lento e graduale. Per alcuni irreversibile”

"L'abbandono a se stessi
è lento e graduale
Per alcuni irreversibile"

Secondo lo psicoterapeuta Piotti

"Gli effetti a lungo termine sono gravi"

di Michela Pagano11 Febbraio 2022
11 Febbraio 2022

Antonio Piotti è psicologo, psicoterapeuta e docente presso la scuola di formazione in psicoterapia del Minotauro di Milano. Si occupa principalmente di ritiro sociale, rischio suicidale e ripresa evolutiva, e con noi di Lumsanews ha analizzato le cause e le conseguenze del fenomeno hikikomori.

Dottor Piotti, qualche giorno fa è uscito un documentario sul disturbo hikikomori, riportandolo alla luce. Quali sono i campanelli d’allarme di questo disturbo e qual è poi l’elemento scatenante?

“Uno dei primi campanelli d’allarme è l’allontanamento da scuola. Questi ragazzi non hanno un rendimento scolastico negativo, ma a un certo punto decidono di ritirarsi, sentono una resistenza anche solo ad entrare nell’edificio scolastico, non tanto per paura degli insegnanti o dei voti quanto per il timore di sottoporsi allo sguardo e al giudizio degli altri. Il passaggio al ritiro definitivo è graduale, non c’è un elemento scatenante. Iniziando a stare a casa si rifugiano nella rete e poi pian piano smettono di vedere anche gli amici. È un progressivo allontanamento, un abbandono lento della vita”.

Qual è stato il ruolo della pandemia in tutto ciò? Ha intensificato il fenomeno, ha aumentato il numero dei ragazzi isolati?

“In realtà devo dire che all’inizio della pandemia i pazienti sono stati anche meglio, perché si sentivano giustificati a stare in casa dato che lo eravamo tutti e di conseguenza stavano più in famiglia, si vergognavano di meno. Ora invece accade il contrario: tutto riapre e loro si chiudono di nuovo e questo sta accadendo anche in molti ragazzi che prima erano attivi e conducevano una vita normale. Per loro la ripresa dell’attività scolastica è diventata molto dolorosa quindi questo fa sì che ci sia un aumento dei ritiri oggi, non durante la pandemia”.

Abbiamo ascoltato storie di giovani che a volte hanno momenti di slancio nei confronti della vita, che purtroppo però nel giro di pochi minuti svaniscono. Lei come spiega questo tentennamento e cambiamento repentino?

“È tipico dei ragazzi hikikomori. Loro pensano sempre di poter uscire, ma poi provano un forte stato d’ansia al pensiero di farlo, e si bloccano. In casa l’ansia non c’è, quindi è facile progettare di uscire, ma all’atto pratico prevale l’angoscia che li trattiene e di conseguenza poi questi tentativi diventano sempre più sporadici”.

Ci sono terapie utili per provare a far uscire da questo tunnel i ragazzi hikikomori?

“Sì, certo. Ci sono alcune terapie. Sono complesse ma ci sono. Innanzitutto riuscire ad avviare un confronto, soprattutto online, e poi eseguire un lavoro di risocializzazione anche dal vivo, qualora il paziente lo permetta”.

E immagino sia fondamentale in questa fase il ruolo dei genitori…

“Assolutamente sì. Talvolta accade che i ragazzi siano ostili a questo tipo di terapie per cui il lavoro bisogna farlo prima con i genitori che poi hanno il compito di avvicinarsi a loro”.

Quali sono le conseguenze a lungo termine per i ragazzi affetti da questo disturbo?

“In molti casi la situazione va pian piano risolvendosi. Quando i ragazzi guariscono e ritornano nel mondo non hanno proprio perduto tutto. Certo, hanno perso una parte della loro vita, ma magari navigando in internet hanno imparato cose nuove, hanno avuto modo di riflettere e contattare specialisti, quindi gli anni  che hanno perso vengono in qualche modo riguadagnati. Ci sono poi casi di ritiri molto lunghi che provocano dei disturbi psichici più gravi come stati di allucinazione e depressivi oppure anche disturbi fisici”.

Ci sono casi in cui questa condizione può perdurare anche tutta la vita?

“Per gli studi che attualmente si conducono in Italia è difficile dirlo. In Giappone invece, dove il fenomeno è nato, ci sono casi di persone che sono rimaste recluse anche per 20 anni ma è una situazione non immediatamente confrontabile con quella italiana. Penso però che non sia da escludere che anche da noi persone che si sono ritirate del tutto, restino chiuse per sempre. E poi ricordiamo che in Giappone ultimamente anche gli adulti diventano hikikomori”.

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