Ora sta bene. Ha avuto una seconda possibilità lontano dal suo Paese, il Pakistan, dove lo scorso 9 ottobre aveva subito un attentato di matrice talebana. La sedicenne Malala Yousafzai ha ricevuto poche ore fa una lettera proprio di uno dei leader, Adnan Rasheed, che avevano organizzato l’attacco contro di lei e ora la invita a tornare in patria.
La lettera. «Quando sei stata attaccata è stato uno choc per me, non avrei mai voluto che accadesse». L’autore della lettera, Adnan Rasheed, pubblicata sul sito della tv inglese Channel 4, fa parte proprio dell’organizzazione talebana che ha rivendicato l’attentato a Malala, e parla con toni fraterni, forse pentito di aver collaborato all’attentato. Rasheed dice di avere letto il diario che Malala aveva scritto sotto pseudonimo per il sito della tv Bbc. Il comandante talebano nella lettera evita di entrare nel merito dell’attentato, piuttosto fa leva sui sentimenti come l’ostilità anti-americana legata alla paura di un’occidentalizzazione dei valori. Malala viene poi ripresa per il suo discorso all’Onu, a New York, dove definiva il proiettile ricevuto come un segnale di sveglia per le donne. Alla fine Adnan Rasheed chiude la lettera, forse rendendosi conto dell’importanza di avere Malala dalla sua parte, con un invito per tornare in Pakistan, ad iscriversi ad una madrassa e a studiare il Corano, anziché continuare a essere un simbolo «Occidentale».
La storia. Malala è una giovane e nota attivista nella lotta per i diritti civili e per il diritto allo studio delle donne. Cresciuta a Mingora, nella valle dello Swat, nel nord del Pakistan, dove i talebani costrinsero le scuole femminili a chiudere, è diventata autrice di un blog che pubblicizza le sue idee. Riceve anche il Premio nazionale per la pace dei giovani, consegnatole direttamente dal primo ministro Yousuf Raza Gilani. Il 9 ottobre 2009 la sua vita cambia bruscamente e rischia di interrompersi nel fiore dell’adolescenza: all’uscita da scuola viene ferita alla testa da alcuni esponenti dell’organizzazione Tehriki Taliban. Non molto tempo dopo i terroristi avrebbero rivendicato il loro gesto, perché mirato a colpire la ragazza in quanto faceva «propaganda contro i talebani» e non perché volesse studiare. Malala è stata prontamente trasferita in Inghilterra, e ricoverata nell’ospedale Queen Elizabeth di Birmingham. Adesso si è ripresa, e sta cercando di costruirsi un futuro a Londra, pur non interrompendo la sua battaglia a favore dei diritti delle sue coetanee in Pakistan.
Gianluca Natoli