61.230. È il numero dei detenuti presenti – registrato a fine febbraio dall’Associazione Antigone – nelle carceri italiane, circa diecimila in più rispetto ai 50.931 potrebbero essere ospitati. Molti di questi, nei giorni scorsi, hanno dato luogo a violente rivolte, e hanno messo sottosopra 27 case circondariali in tutta Italia (per le quali ora sono stati stanziati 20 milioni di euro). “Mettere in campo misure straordinarie volte ad alleggerire le situazioni di sovraffollamento superando un concetto di prevenzione fondata sulla chiusura al mondo esterno”, è l’appello di Mauro Palma, presidente del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Perché all’interno delle carceri non ci sarebbero le condizioni – complice il sovraffollamento – di sicurezza stabilite dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
Da qui l’idea del ministro della giustizia Alfonso Bonafede, di predisporre gli arresti domiciliari per alcuni dei detenuti – che già possiedono i requisiti necessari – dotandoli di appositi braccialetti elettronici, liberando le case circondariali di circa seimila detenuti. L’uso massiccio dei termoscanner e la predisposizione di aree ben definite per l’isolamento sono misure chieste invece dal capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini; a queste si somma la sospensione fino al 22 marzo dei colloqui con i familiari, ma l’ingresso e l’uscita degli agenti di polizia penitenziaria preoccupa, e non poco.
Da più parti quindi l’appello: “Adottare misure serie e celeri di prevenzione e di contenimento della diffusione virale”, la richiesta del Conams (Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza); “Un decreto legge per la prosecuzione della espiazione delle pene inferiori a 24 mesi in regime di detenzione domiciliare”, è invece la richiesta del presidente dell’Unione delle Camere penali Giandomenico Caiazza. A chiedere che si intervenga con misure straordinarie è anche S.p.p., il Sindacato di polizia penitenziaria.