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“La politica ha legittimato
le nostre pulsioni oscure
verso gli stranieri"

Il sociologo Mario Pollo a LumsaNews

"Più opinioni razziste che violenze"

di Giorgio Saracino27 Marzo 2019
27 Marzo 2019

Mario Pollo è un sociologo, docente di Pedagogia all’Università Lumsa di Roma, studioso e esperto dei fenomeni di razzismo e xenofobia.

Il razzismo è in aumento?

“Dati attendibili su questo, per ora, non ce ne sono. Quello che si può dire è che forse non si tratta tanto di un aumento di tendenze xenofobe e razziste, quanto piuttosto di una sorta di liberi tutti“.

In che senso?

“Ognuno di noi dentro di sé ha delle pulsioni, una parte oscura. Nessuno di noi è solo luce, ma tutti abbiamo una zona d’ombra. Spesso ci sono delle regole sociali che ci aiutano a contenerle e a manifestare all’esterno solo quei comportamenti che riteniamo socialmente accettabili e appropriati, perché temiamo che manifestando altre cose che nel nostro profondo sentiamo, si possa sfociare in una stigmatizzazione, un rifiuto e anche incorrere in sanzioni”.

È qui che subentra la politica?

“In questo ultimo periodo ci sono state alcune forze politiche – una in particolare – che hanno dato legittimità a queste nostre pulsioni, che erano imprigionate nella parte oscura: gli è stato detto che in qualche modo era legittimo manifestarle. Che non erano assolutamente sentimenti di cui vergognarsi, che abbassavano in qualche modo la stima di noi stessi, la nostra umanità rispetto agli altri. Ma anzi ci facevano sentire accettati, riconosciuti da una maggioranza, o per lo meno da una solida parte delle persone con cui si vive. Io credo che siamo in presenza più di questo elemento che di persone che dalla mattina alla sera sono diventate xenofobe, razziste, intolleranti e poco solidali”.

Migranti

Quindi è un discorso che va al di là dei numeri degli sbarchi.

“È una liberazione che chiaramente prende a pretesto dei dati: ma non è legato al numero. Considerata la riduzione del numero degli arrivi dell’ultimo anno, se fosse stato così, il razzismo sarebbe diminuito. E così non è stato. Poi bisogna distinguere comportamenti, atteggiamenti o opinioni”.

Cioè?

“Prendiamo ad esempio il razzismo: avere un’opinione razzista non significa avere poi un comportamento razzista. Tra opinione e comportamento c’è un salto, che nasce dal fatto di trovarsi di fronte a una persona. E la maggioranza questo salto non lo compie. Per cui io posso avere un’opinione razzista e un comportamento non razzista. Quando noi misuriamo il razzismo otteniamo un indicatore tenendo in conto le opinioni: ma la maggioranza di loro non avrà comportamenti razzisti, li avrà solo una minoranza”.

Quindi si è più razzisti con le opinioni che con il comportamento?

“Esatto. E poi le opinioni sono labili. Le persone le modificano a seconda del gruppo in cui vengono inseriti: non sono nemmeno un dato costante nella vita delle persone, ma sono legate alla situazione in cui le persone si trovano. C’è una variabilità”.

Che ruolo hanno avuto i social? Su mille reati di matrice discriminatoria, circa uno su tre è inerente il web.

“Sul web – per usare una battuta – uno vale uno: attraverso i social non conta chi è all’origine di un commento, di un’informazione o di una riflessione. Son tutti uguali. La parola di una persona competente può essere distrutta da un commento di un’altra che non è informata su quell’argomento. Il web inoltre dà un apparente e sostanziale senso di impunità”.

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