Contrastare la nuova ‘ndrangheta non è semplice. Se il sistema di potere mafioso rimane insondabile, anche il cosmo digitale rimane una macchina piena di buchi. “La Guardia di Finanza è attrezzata per far fronte al problema”, spiega Enzo Ciconte, ex parlamentare ed esperto di lungo corso delle dinamiche delle organizzazioni criminali. La risorsa in mano alle forze di polizia è quella di sfruttare le armi del cybercrimine contro i suoi stessi utilizzatori, ma non solo. Secondo Ciconte, per colpire la mafia sul piano economico è anche importante “seguire i criminali sui social, per capire come si muovono”.
Stando al cambiamento della metodologia di gestione del business, com’è strutturato il rapporto tra mafia e imprese nell’allocazione di denaro?
“Il funzionamento è abbastanza semplice e si fonda su due modalità. La prima modalità è la gestione delle imprese da parte della ‘ndrangheta, nel senso che l’organizzazione acquista le imprese attraverso i ricavi provenienti dall’usura o dall’attività di riciclaggio. Tuttavia, i soggetti ‘ndranghetisti non hanno grandi capacità imprenditoriali e quindi molto spesso si rivolgono a soggetti esterni all’organizzazione che conoscono il sistema finanziario e di conseguenza sanno come occultare il denaro, evadere il fisco ed esportare il capitale all’estero senza lasciare tracce. In questa seconda modalità le mafie possono penetrare nell’economia legale”.
Perché la ‘ndrangheta sopravvive meglio di altre organizzazioni criminali italiane?
“Perché da sempre è strutturata con famiglie che fanno riferimento al capobastone. Di conseguenza, la maggior parte dei parenti del mafioso sono affiliati alla ‘ndrangheta. Dunque ha una struttura rigida. Questo ha alcune conseguenze, tra cui la presenza di pochi collaboratori di giustizia. Infatti, nessun vertice dell’organizzazione calabrese si è mai pentito; tra i collaboratori ci sono solo personaggi di secondo piano. Mentre tra i pentiti di Cosa Nostra e della Camorra ci sono stati anche personaggi ai vertici dell’organizzazione”.
Che ruolo hanno le locali?
“L’esistenza delle ‘ndrine familiari permette lo spostamento delle famiglie mafiose nel resto d’Italia e del mondo. Se si confrontassero i cognomi delle principali famiglie di ‘ndrangheta presenti in Calabria e nel Nord Italia ci sarebbe grande corrispondenza. Sono gruppi familiari, generalmente di molti figli che si spostano. Avere una grande prole significa essere preparati per la guerra in cui possono esserci delle perdite. Loro ragionano in questo modo. Le locali non sono altro che raggruppamenti di ‘ndrine e con questo sistema riescono a penetrare nel tessuto collettivo di territori che non avevano presenza mafiosa”.
Quali metodologie devono essere messe in atto per depotenziare le attività finanziarie della ‘ndrangheta?
“È necessario aggredire i patrimoni mafiosi perché solo ciò costringe l’organizzazione ad arretrare e lo si fa attraverso la confisca dei beni, ovvero il centro nervoso del loro potere. Le forze dell’ordine devono controllare il patrimonio di beni in possesso delle famiglie e la metodologia con la quale le hanno ottenute se con proventi leciti o illeciti”.
Per quanto riguarda il settore digitale e delle criptovalute, cosa si può fare per arginare il problema?
“La mafia non vive nell’iperuranio, sta in mezzo a noi e risente molto dell’attività della società civile, si modifica in ragione del modificarsi della società. La mafia cambia ma non inventa nulla. Oggi si usano i social e le criptovalute ed è proprio in quel senso che si muove la ‘ndrangheta e la Guardia di Finanza è attrezzata per far fronte al problema. Per questo è importante aggredirli sul piano economico e seguirli sui social per capire quello che fanno e come si muovono”.