Esiste una questione turca anche nel calcio. Stando alle regole dell’Uefa, nel mondo del pallone non sono consentite espressioni politiche: il saluto militare dei giocatori della Turchia durante le partite di qualificazioni agli Europei del 2020 non potevano quindi passare sotto traccia. L’Unione con sede a Nyon, in Svizzera, dopo un primo momento in cui aveva deciso di prendere tempo, ha annunciato l’apertura di un’indagine, con un ispettore incaricato di indagare sul “comportamento di potenziale provocazione politica”.
Cosa rischia in concreto, però, la nazionale turca? La Uefa potrebbe decidere di sanzionare la squadra con dei match a porte chiuse o con una penalizzazione in classifica. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Dpa, qualcosa si muoverà a partire da giovedì. Possibili sanzioni anche per i singoli giocatori.
Non quelli dei tweet di appoggio al regime del presidente Erdogan, però. A quelli dovrebbero pensarci le società in cui militano, come è successo a Cenk Sahin che è stato licenziato dal St. Pauli. Ancora quindi si sta aspettando una decisione per Emre Can, Merih Demiral (entrambi alla Juve), Hakan Calhanoglu (Milan), Ilkay Gundogan (Manchester City), Cengiz Under (Roma), per non citare che i più famosi.
Nella “questione calcistica turca” c’è anche un altro nodo da risolvere: la finale di Champions League, in programma il 30 maggio allo stadio Ataturk di Istanbul. Dal nostro ministro per le Politiche giovanili e per lo Sport Vincenzo Spadafora è stata fatta recapitare una lettera ad Aleksander Ceferin, presidente dell’Uefa. La richiesta è quella di “valutare se non sia inopportuno mantenere lì la finale”. La risposta ancora si attende, ma si sa, maggio è lontano, le cose potrebbero essersi già risolte, non si sa a favore di chi.
