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La morte di Ray Bradbury. Addio all’inventore del futuro

di Francesca Polacco07 Giugno 2012
07 Giugno 2012

È morto ieri a Los Angeles all’età di 91 anni, Ray Bradbury, lo scrittore statunitense grande innovatore del genere fantascientifico. Quel bambino che a 10 anni sognava di essere un mago, è stato un autore che, come pochi, ha saputo raccontare il presente e inventare il futuro. Appassionato lettore di Verne, Poe, Wells, Hemingway e Omero ha immaginato cose che poi sono diventate realtà.
Quand’era ancora un bambino, gli fu regalata una macchina per scrivere, si sedette al tavolo della cucina e immaginò una storia: da quel momento in poi non smise più di scrivere, nonostante le mille difficoltà dovute ai suoi problemi di salute che gli paralizzarono la mano destra costringendolo a dettare i suoi racconti.
Con decenni di anticipo in “Fahrenheit 451”, il suo capolavoro del 1953, ha immaginato la tv a schermo piatto, il walkman, l’auricolare bluetooth, anticipando gli incubi di un’era.
Nell’America di “Fahrenheit 451” (il cui titolo, apparentemente enigmatico, indica la temperatura alla quale brucia la carta) i libri sono fuorilegge e i pompieri, come Montag, devono bruciarli, simbolo di uno stato talmente totalitario che sente il bisogno di mettere i libri al rogo. Quando l’incontro con l’ingenua Clarisse mette in guardia Montag sul fatto che forse i libri valgono qualcosa, il vigile del fuoco prende a contrabbandarli e leggerli.
Non era uno scienziato come Asimov, anzi non aveva un buon rapporto con la tecnologia: ha viaggiato per la prima volta in aereo a 62 anni, non ha mai preso la patente e, nell’era dei computer e di internet, ha continuato ad usare la macchina da scrivere. Impedì addirittura di commercializzare le versioni per e-reader dei suoi libri. Ma ha saputo immaginare altri mondi e altri esseri e raccontarli ai suoi lettori come nessuno.
Non ha mai avuto paura delle cose sconosciute, del diverso, del nuovo e ha trasformato tutto questo in racconti, romanzi, articoli, studi e soprattutto in storie, come quelle di“Cronache marziane”, del 1950. Una raccolta di ventotto racconti legati tra loro dal tema comune della futura esplorazione e colonizzazione di Marte. Il suo Pianeta Rosso è uno specchio della Terra: Marte è per i terrestri ciò che l’America è stata per gli europei. L’intuizione di genio sta nel proiettare su Marte malinconie, emozioni e scenari tipicamente terrestri, in modo da trasfigurarli alla luce del Pianeta Rosso. Così, quando i primi astronauti di Bradbury scendono sul mondo delle dune, trovano una perfetta riproduzione delle loro cittadine del Midwest e addirittura rivedono le ombre dei loro morti, in realtà marziani che si trasformano in ciò che vogliono. Nell’ultimo capitolo, un’intera famiglia trasferitasi su Marte guarda il proprio riflesso nell’acqua e Bradbury conclude che «i marziani rimasero là, a guardarli dal basso, per molto, molto tempo, in silenzio, dall’acqua che s’increspava lieve», a sottolineare che i veri marziani restano i terrestri.
Ha ricevuto gli ultimi onori ufficiali quasi fuori tempo massimo: una stella sull’Hollywood Boulevard nel 2004, la Medaglia presidenziale e, nel 2007, un Pulitzer speciale alla carriera, che ricevette indossando una cravatta con zucche di Hallowen, segno che «quello che pensano gli altri conta fino ad certo punto, sia quando ti dicono che sei un cretino, sia quando ti dicono che sei un genio».
Anche Obama, presidente poco amato da Bradbury per la rinuncia alle missioni spaziali, ieri gli ha reso omaggio, riconoscendogli il merito di «aver cambiato la società e allargato i nostri orizzonti, poiché aveva capito che l’immaginazione può essere usata come veicolo di cambiamento».
Bradbury ha immaginato più volte che altri esseri potessero arrivare, prima o poi, sulla terra. E, a seconda di quello che troveranno, penseranno di noi che siamo stati grandi o pessimi: «se troveranno solo le scorie nucleari il ricordo che ci sarà di noi non sarà granché; se troveranno i libri, l’arte, le costruzioni, diranno che gli esseri umani hanno fatto il loro tempo sul pianeta terra».
Se troveranno i libri di Ray Bradbury sapranno che gli esseri umani sono stati in grado di inventare, immaginare, sognare.

 Francesca Polacco

 

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