L’intervento del vicepremier Matteo Salvini, acclamato e contestato, può essere il primo passo della marcia leghista su Roma. La tragica fine della giovane Desirèe Mariottini, con annessa indagine a carico di due senegalesi irregolari, ha rilanciato prepotentemente i già sentiti temi della sicurezza, del degrado urbano e del controllo sull’immigrazione clandestina. Fin qui nulla di nuovo, ma il ministro dell’Interno, recandosi ieri presso il palazzo occupato dove è avvenuta la violenza, affermando “a Roma i 5 stelle potevano fare di meglio” e promettendo “tornerò con la ruspa”, si è messo al centro sia della scena politica italiana che della vita capitolina. Quest’ultimo un inedito.
Anche l’accoglienza riservatagli è stata una novità, seppur prevedibile, con quelle madri e quei padri a tributargli abbracci molto politici nel coro “aiutaci, mandali via”. Adesso Matteo Salvini, già leader incontrastato del centrodestra, punta a essere riferimento della Roma dolente che sanguina fuori dalle Ztl, nella cronaca nera che impone l’agenda politica e nella crisi di consenso dei partiti e della sindaca Raggi. A questo punto per i tanti neoleghisti di Roma il Campidoglio non è più un miraggio ma un obiettivo. E se il 10 novembre la sindaca verrà condannata per falso nel processo che la vede imputata per la nomina di Marra junior, non sarebbe neanche un obiettivo lontano nel tempo. Gli “alleati” di governo provano a rispondere: per la Raggi “la Lega non conosce Roma” mentre Di Maio annuncia “più poteri per la Capitale”, ma forse la marcia è già partita.