ROMA – La maggioranza di governo si spacca al Senato sul decreto elezioni. La lega di Matteo Salvini non solo ha ripresentato l’emendamento per innalzare a tre il limite dei mandati per i presidenti di Regione – già bocciato in commissione Affari Costituzionali –, ma ne ha presentato anche un altro per abolire il ballottaggio elettorale per i sindaci dei comuni con meno di 15 mila abitanti. Una mossa che ha creato non pochi imbarazzi a Fratelli d’Italia, che da tempo preme per cancellare il doppio turno per i sindaci, ritenendo che avvantaggi la sinistra.
L’intenzione del partito di via della Scrofa, tuttavia, era di farlo con un intervento organico sul Testo Unico degli enti locali – che disciplina l’elezione dei primi cittadini – e dopo un confronto tra le forze parlamentari.
Cosa è successo in Senato
La mossa leghista, anticipata da giorni, ha messo in una posizione scomoda l’alleato di governo. A tirar d’impaccio FdI è stato il meloniano Alberto Balboni che, pur dichiarandosi favorevole nel merito, ha chiesto alla Lega di ritirare l’emendamento e di trasformarlo in un ordine del giorno. Poco dopo l’aula ha bocciato l’emendamento sul terzo mandato ai governatori.
Il decreto elezioni
Al termine di questo episodio il Senato ha approvato con 79 voti a favore, 39 contrari e 6 astenuti il decreto elezioni che – oltre ad accorpare alle elezioni europee quelle amministrative – impone lo stop al limite dei mandati per i sindaci dei comuni con meno di 5 mila abitanti e consente il voto agli studenti fuorisede nelle città di domicilio temporaneo. Per la prima volta nella storia repubblicana, inoltre, alle elezioni europee si potrà votare per due giornate, sabato e domenica.
Il passaggio successivo per il governo è quello della giustizia. Dopo Pasqua arriva in Consiglio dei ministri il testo voluto dai meloniani, che prevede la separazione delle carriere per i magistrati e la divisione in due del Consiglio superiore della magistratura, uno per i pubblici ministeri e uno per i giudici.