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HomeInchieste Web sporco, i social media come un teatro di guerra

In guerra la prima vittima è la verità. Lo diceva Eschilo, più di duemila anni fa. La massima resta valida pure nell’era dei social media, che rivestono un triplice ruolo nei teatri di conflitto: mezzo di denuncia degli abusi dei regimi, diffusori di odio e cassa di risonanza delle fake news. Lo dimostrano non solo le guerre che dominano l’informazione globale Russia contro Ucraina e Israele contro Hamas , ma anche quelle meno mediatiche in corso in Sudan e in Nagorno-Karabakh.

Le primavere arabe, l’inizio della parabola ascendente

Alla fine del 2010 nel mondo arabo Facebook contava 21.361.830 milioni di utenti. Quasi l’80% in più rispetto all’anno precedente (11.978.300, secondo i dati dell’Arab Social Media Report). Quali sono le ragioni di un incremento così esponenziale? In due parole: Primavere Arabe, non a caso ribattezzate “rivoluzioni di Internet”.

Gli esperti concordano su una questione: i nuovi media non sono la causa delle rivolte, ma ne accelerano il processo, favorendo l’organizzazione delle reti degli attivisti. 

Allo stesso tempo le Primavere Arabe trasformano i social in uno strumento di controllo, come riporta Al Jazeera. Dopo le rivoluzioni, infatti, gli Stati arabi aumentano il controllo sulle attività online dei propri cittadini. Tra i migliaia di account sospesi o rimossi anche quelli dei dissidenti politici. 

Un destino simile, più di recente, è toccato al Sudan. I social media, infatti come riporta l’Atlantic Council , sono stati fondamentali per organizzare le proteste che hanno portato alla caduta del regime di Al-Bashir, ma tra il 2018 e il 2022 i cittadini sudanesi subiscono l’interruzione di internet ben 138 volte.

I social media come creatori e veicoli di fake news 

Dalle Primavere arabe sono passati più di dieci anni, in cui i social media sono diventati parte integrante delle narrazioni dei conflitti. Basti pensare al massacro di Bucha, in Ucraina, in cui sono stati gli stessi abitanti a condividere le atrocità perpetrate dall’esercito russo.

Strumento potente, la rete, ma anche arma a doppio taglio. Le informazioni circolano con una scarsa mediazione e spesso il virtuale si confonde col reale. Può, in un simile contesto, succedere di scambiare la sequenza di un videogioco con una scena di guerra. Il giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022, il Tg2 trasmette alcune immagini che mostrano una pioggia di missili su diversi edifici civili. La fonte? Il videogioco War Thunder.

Non un caso isolato. Le fake news segnano anche la narrazione della guerra tra Israele e Hamas. La cattura di un alto ufficiale dell’esercito israeliano   mostrata su X pochi giorni dopo l’inizio della controffensiva è in realtà un video pubblicato nello stesso periodo dalle forze di sicurezza dell’Azerbaigian.

In Sudan, invece, lo scorso maggio le forze paramilitari (RFS) – attraverso il proprio profilo  X – hanno rivendicato il controllo completo della capitale Khartoum, ma la notizia è stata presto smentita. 

Le piattaforme dove le fake news trovano vita più facile, secondo la CBS, sono X e Telegram. Sulla prima di recente si è molto discusso. Elon Musk, proprietario di X, ha, infatti, licenziato molti tecnici responsabili del monitoraggio delle notizie e introdotto la spunta blu a pagamento per i profili, permettendo, dietro pagamento, di accreditarsi come fonte ufficiale. 

Telegram, il Dottor Jekyll e Mr Hyde dei social network. Da una parte, come rivela Combating Terrorism Center,  il terzo social più utilizzato dai terroristi, dall’altra strumento di resistenza e emancipazione. Gli ucraini, come rivela Forbes, lo usano per coordinare gli attacchi informatici contro Mosca, mentre i russi per informarsi liberamente su fonti non controllate dal Cremlino. 

Intelligenza artificiale e fake news 

Nella creazione di fake news un ruolo fondamentale lo gioca anche l’intelligenza artificiale. È inizio novembre quando la foto di un bambino, immortalato con il volto sporco di polvere e sangue e circondato dalle macerie, rimbalza su diversi account social per denunciare gli abusi dell’esercito israeliano sui palestinesi. 

Qualcosa nello scatto, però, non torna: il bambino ha sei dita della mano sinistra e gli occhi troppo grandi rispetto al resto del viso. Si tratta di un’immagine generata dall’AI. 

I chatbot basati sull’Intelligenza artificiale, inoltre, sono già stati reclutati per scrivere notizie, per lo più false, su 49 siti web e in sette lingue diverse. A rivelarlo un’indagine di NewsGuard.

Social media, odio e intolleranza 

Non solo disinformazione, i social media possono anche acuire i contrasti tra le due parti di un conflitto armato. 

Un esempio? La Russia, come riporta la Bbc, usa segretamente TikTok per diffondere disinformazione e influenzare la percezione globale della guerra in Ucraina. Utenti anonimi accusano funzionari ucraini e i loro parenti di acquistare auto di lusso o ville all’estero dopo l’invasione del febbraio 2022. Da luglio l’emittente britannica ha scoperto quasi ottocento account falsi. 

Il campo di battaglia, così, si sposta sui social. Dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas – spiega il New York Times – alcuni soldati dell’Idf hanno iniziato a diffondere su TikTok diversi video non autorizzati delle loro operazioni militari, in cui apostrofano con disprezzo i palestinesi o devastano quelle che sembrano essere delle infrastrutture civili. Un trend condannato dallo stesso esercito, ma che ha esacerbato l’odio tra israeliani e palestinesi. 

La polarizzazione delle opinioni e la semplificazione del complesso

Le opinioni fanno eco. Sul web rimbombano così forte da plasmare delle realtà alternative: le echo chambers, camere d’eco, per l’appunto. Ambienti online dove l’utente visualizza contenuti coerenti con le sue convinzioni. Il risultato? L’isolamento da fonti d’informazione non in linea col proprio pensiero. In sintesi: polarizzazione e semplificazione del dibattito. Due sono i fattori determinanti nella costruzione di una camera d’eco: il bias di conferma e l’algoritmo. Il primo riguarda tutti gli esseri umani. In poche parole, cerchiamo le informazioni che confermano le nostre teorie. 

Il secondo riguarda i social. L’algoritmo propone agli utenti i contenuti di loro interesse. Una sorta di mano invisibile del web che sceglie cosa mostrarci in base ai nostri gusti e alle nostre preferenze. Ma attenzione, perché non tutti i social funzionano allo stesso modo. 

Su Facebook e Twitter, ad esempio, la segregazione all’interno di echo chambers è dominante, come spiega Walter Quattrociocchi, professore al dipartimento di informatica dell’università La Sapienza di Roma. Dai vaccini contro il Covid alle presidenziali americane, esistono camere d’eco per qualsiasi argomento, anche la guerra. E operano in modo estremamente divisivo. Prendiamo in esame uno studio dell’Università di Hong Kong condotto su X nell’ambito del conflitto russo-ucraino. 

Da una parte gli account pro-Ucraina, dall’altra quelli pro-Russia. Nel mezzo i bipartisan. Quanto osservato sulla piattaforma dimostra l’esistenza di una camera di risonanza sia filo-Ucraina che filo-Russia. Tra gli utenti esaminati (quasi un milione e mezzo) emerge una forte propensione verso l’Ucraina (l’86,72% degli account e il 94,23% dei tweet). I pro-Russia costituiscono invece la minoranza (il 4,44% degli utenti e l’1,37% dei tweet). La ricerca mostra come il gruppo pro-Ucraina contenga più utenti verificati (1,64%) rispetto ai pro-Russia (0,61%) e ai bipartisan (0,66%). La presenza di questi ultimi, infine, favorisce una moderazione del dibattito.

Che sia il conflitto russo-ucraino o quello tra Israele e Hamas, in ogni caso, il risultato resta lo stesso: l’amplificazione delle opinioni sui social genera polarizzazione. Lo dimostra la ricerca pubblicata su Nature da Soo Ling Lim e Peter J. Bentley. Insieme hanno sviluppato il Social Opinion Amplification Model (SOAM) per analizzare come le persone sui social esprimano versioni amplificate delle loro opinioni reali, motivate dal desiderio di ottenere un seguito maggiore. “Il vero problema della polarizzazione delle conversazioni online è la mancanza di contesto, ovvero una battuta sarcastica non è chiara se sia fatta per scherzare o per ferire”, racconta a Lumsanews Davide Bennato, professore associato di Sociologia della cultura e della comunicazione presso l’Università degli Studi di Catania. Gli effetti di queste narrazioni li scopriamo, ogni giorno, dal nostro smartphone. Perché il web rischia di avere un peso superiore alle bombe e ai carri armati, come scrive il giornalista del Guardian David Patrikarakos. Così i social media diventano le munizioni delle guerre moderne. 

 

Fonti

https://www.aljazeera.com/opinions/2021/1/27/the-social-media-myth-about-the-arab-spring

https://www.lastampa.it/rubriche/oridente/2012/10/23/news/primavera-araba-e-social-network-1.37245740/ 

https://mics.luiss.it/il-ruolo-dei-media-nelle-primavere-arabe-da-promessa-di-cambiamento-a-racconto-di-fallimento/ 

https://www.limesonline.com/da-non-perdere/primavera-araba-i-social-network-sono-nemici-della-democrazia-14665395/amp/

https://www.pewresearch.org/journalism/2012/11/28/role-social-media-arab-uprisings/

https://www.academia.edu/download/30406181/Global_Media_Journal.pdf 

https://pomeps.org/changing-sources-social-media-activity-during-civil-war#:~:text=Social%20Media%20Activity%20During%20the%20Syrian%20Conflict&text=Armed%20actors%20on%20all%20sides,their%20domestic%20and%20foreign%20audience 

https://www.theguardian.com/books/2022/apr/25/the-big-idea-can-social-media-change-the-course-of-war 

https://iari.site/2024/02/15/il-ruolo-della-guerra-dinformazione-nei-conflitti-moderni/ 

https://www2.coleurope.eu/system/tdf/uploads/news/event_report_-_media_and_disinformation_in_the_nagorno-karabakh_conflict.pdf?&file=1&type=node&id=draft&force=

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-hamas-tra-guerra-fake-news-e-polarizzazione-148056 

https://futureuae.com/en-US/Mainpage/Item/8213/unveiling-the-parallel-war-social-media-weaponization-in-sudans-conflict

https://www.bbvaopenmind.com/en/articles/the-new-media-s-role-in-politics/ 

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0040162521003565   

https://www.cbsnews.com/news/israel-social-media-disinformation-spreads-amid-war/

https://www.theguardian.com/world/2023/nov/11/israel-hamas-fake-news-thrives-on-poorly-regulated-online-platforms

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-hamas-tra-guerra-fake-news-e-polarizzazione-148056

https://www.wired.com/story/israel-hamas-war-generative-artificial-intelligence-disinformation/

https://www.primaonline.it/2023/10/04/390234/musk-allattacco-dei-media-non-servono-e-invita-gli-utenti-a-fare-i-giornalisti-su-x/ 

https://forbes.it/2022/03/17/pavel-durov-fondatore-telegram-scappato-putin-vuole-vendicarsi/ 

https://www.ilpost.it/2023/10/16/hamas-israele-notizie-false/

https://www.agi.it/innovazione/news/2017-03 06/galassia_gutenberg_nebulosa_zuckerberg_notizie_online-1556454/

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