La Federal Reserve, mercoledì 20 settembre, ha deciso di non aumentare ulteriormente i tassi di interesse, optando per l’attesa, anche perché, ha dichiarato il presidente Jerome Powell, “l’economia è più forte di quanto ci aspettassimo”.
Tradizionalmente, il rialzo dei tassi è lo strumento migliore a disposizione delle banche centrali per mettere l’inflazione sotto controllo, perché aumentando il costo del denaro si riducono i fenomeni che portano a un aumento dei prezzi. Ma questa volta i tassi sono stati lasciati invariati al range compreso tra il 5,25% e il 5,5%, record degli ultimi 22 anni, a cui erano stati portati alla fine di luglio 2023, con un incremento di 25 punti base.
Da marzo 2022 è la seconda volta (lo scorso giugno) che la Banca centrale statunitense decide di mantenere invariati i tassi di interesse.
I tassi di interesse erano stati abbassati allo 0-0,25% nel marzo 2020, per combattere gli effetti negativi del della pandemia da Covid-19 sull’economia statunitense e poi aumentati ad un ritmo piuttosto sostenuto per combattere l’inflazione che non si vedeva da decenni.
Con l’aumento dei tassi, la Fed ha come obiettivo quello di rallentare la domanda, rendendo più difficile alle aziende di aumentare il prezzo senza correre il rischio di perdere clienti. Ma allo stesso tempo l’equazione “tassi d’interesse più alti” uguale “rallentamento” non si è verificata come previsto.
Nelle previsioni espresse nel trimestre che si è chiuso a giugno, gli analisti hanno parlato di un probabile aumento entro la fine del 2023. Una percorso che dovrebbe durare a lungo: infatti per fine 2024 i governatori indicano tassi al 5-5,25%, mentre a giugno la mediata puntava 0,50 punti più in basso, al 4,50-4,75%. È quindi possibile che il primo taglio dei tassi sarà deciso alla fine dell’anno prossimo.