Abbiamo ascoltato Sara Bentivegna, sociologa della comunicazione, esperta di comunicazione politica online e docente de “La Sapienza” di Roma, che ci ha spiegato come è cambiato il modo di interagire dai politici dall’avvento dei social network.
Grazie ai social, la distanza tra cittadini e politici si è accorciata rispetto al passato?
«È cambiata la rappresentazione di questo rapporto, ma la distanza che c’è tra politici e cittadini è rimasta in parte la stessa o i politici tentano di mantenerla. Talvolta i cittadini riescono ad adoperare una sorta di agency e quindi a cambiare questo equilibrio, come, per esempio, chi si fa i selfie con Salvini e poi in qualche modo ne rovescia il senso, promuovendo l’accoglienza dei migranti o contestando la sottrazione di fondi statali da parte della Lega».
Qual è il social network con cui si arriva di più alle persone e perché?
«Sicuramente Facebook, anche perché ha una platea molto più ampia e, al di là della comunicazione diretta tra politico e utente, c’è una maggiore possibilità di “incappare” in post dei politici grazie al proprio network di amici».
Salvini ha investito molto anche su Instagram, tanto da arrivare a oltre un milione di follower.
«Il leader della Lega sta investendo su Instagram perché è il social network del momento. Molti giovani si sono spostati su questa piattaforma e anche i politici cercano di fare altrettanto: Salvini, da questo punto di vista, si muove razionalmente rispetto a una trasformazione del mercato comunicativo. Sarebbe sciocco non farlo, francamente».
Nel suo libro esamina la presenza sui social network dei parlamentari eletti nel 2008 e dice che gran parte di loro li utilizzavano solo per promuoversi, non per stabilire un contatto diretto con il pubblico. Cosa è cambiato da allora?
«Erano pochi i parlamentari presenti, ma sembra già un’altra epoca. Adesso sono pochi coloro che non ci sono ancora sui social. Non c’è stato, però, un mutamento così significativo, nel senso che vengono utilizzati in modo “intelligente” da persone che avevano già dimestichezza con il mezzo. Poi ci sono coloro che si affidano a collaboratori che gestiscono le pagine professionalmente. L’importante è che ci sia una presenza, che dia vita a forme di successo è secondario».
Il caso di Matteo Salvini è sicuramente sui generis.
«La figura di Salvini spicca perché, al di là di uno staff che lo aiuta nella gestione dei social e non solo, è evidente che è un soggetto che condivide quella cultura. Secondo me le foto- la Nutella, gli spaghetti- sono qualcosa che ha a che fare con il suo modo di essere: lui è agevolato rispetto ad altri competitor».
Perché propone sempre gli stessi temi con lo stesso stile semplice?
«Sui social la comunicazione è sempre polarizzante, quindi è chiaro che i suoi temi sono piuttosto divisivi in questo momento e sono quelli che si possono semplificare meglio, oltre a essere quelli propri della Lega. In realtà Salvini ha cavalcato in campagna elettorale il tema dell’immigrazione, su cui la Lega ha una sorta di issue ownership. Io penso che la presenza sui social media segue una sorta di identità politica dei soggetti. Si va per difendere e portare avanti alcune battaglie, in un ambiente che risponde direttamente alle posizioni e alle politiche del partito».
Come si influenzano tra di loro i diversi tipi di media? I social inseguono quelli mainstream o viceversa?
«C’è un’ibridazione tra media, quindi non c’è una divisione netta tra di loro: la televisione interagisce con i social e viceversa. La possibilità di individuare nettamente chi detta l’agenda a chi è diventata molto più complessa nell’attuale ecosistema mediale».
Come è riuscito Salvini a scalzare il ruolo preponderante che i Cinque Stelle avevano sul web?
«Secondo me è una questione politica che si sposa con quella comunicativa, le due cose sono perfettamente integrate: Salvini ha intercettato un sentimento diffuso nella popolazione di “destra” e ha dato voce e rappresentanza a quell’identità e lo fa anche sul web. È davvero un circolo “virtuoso” dal suo punto di vista».