Angelo Mirra è psicologo e PHD student presso l’università Lumsa di Roma in videogiochi ed educazione. Con LumsaNews ha approfondito i risvolti del suo lavoro.
Di cosa si è occupato nel suo dottorato di ricerca presso la Lumsa?
“Ho studiato l’effetto positivo dei videogiochi sul comportamento degli adolescenti, in particolare come il videogioco possa essere uno strumento educativo per emozioni e competenze sociali all’interno di programmi scolastici”.
Come possiamo classificare i videogiochi?
“I videogiochi che si basano sulla storia possono essere utili per prevenzione di psicopatologie, ma possono anche creare una mentalità di gruppo che ci porta alla discussione e alla riflessione. In realtà anche gli sparatutto come “Call of Duty”, “Battlefield”, che di solito presentano il sangue e la morte del personaggio, con le giuste sessioni di gioco e il controllo delle emozioni vissute possono scaricare lo stress personale e quindi rilassare. Questo riguarda le emozioni e l’allenamento a cui il cervello si sottopone durante questi videogiochi”.
Il videogioco può portare dipendenza?
“Sicuramente può portare dipendenza come il telefono, come internet. Il videogioco crea un coinvolgimento maggiore e può essere sicuramente associato al quadro psicopatologico dov’è presente anche violenza. La ricerca ha mostrato come non ci siano collegamenti diretti tra il videogioco e comportamenti violenti. Se giocati in prima persona portano identificazione maggiore del 30% rispetto alla telecamera in terza persona. Queste dinamiche sono inserite in un quadro dove c’è scarso sostegno familiare, scarse attività sociali, scarso sostegno sociale”.
