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HomeEsteri La denuncia di Amnesty: in Iran almeno 304 morti in repressione proteste

La denuncia di Amnesty
In Iran almeno 304 morti
per reprimere le proteste

La popolazione è scesa in piazza

contesta la corsa agli armamenti

di Giacomo Andreoli16 Dicembre 2019
16 Dicembre 2019
Foto tratta da Pexels.com

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304 morti. È questo il nuovo terribile bilancio stilato da Amnesty International in merito alla repressione militare delle proteste popolari contro il caro benzina in Iran.

L’ong aggiorna così il precedente resoconto che era di 208 morti, facendo riferimento al periodo tra il 15 e il 18 novembre, in cui si è registrato il picco delle manifestazioni. Tra le vittime ci sarebbero almeno due adolescenti, di 15 e 17 anni, e sarebbero migliaia i feriti.

Ma non solo: per Amnesty sarebbero state arrestate migliaia di persone tra cui “giornalisti, attivisti per i diritti umani e studenti”: “un giro di vite di massa” per nascondere la “spietata repressione”. Per questo l’organizzazione chiede alla Repubblica islamica di “rilasciare tutti quelli che sono stati detenuti arbitrariamente”.

Il governo iraniano nei giorni scorsi aveva smentito le cifre fornite e negato “il giro di vite”, parlando di “menzogne assolute” diffuse da “gruppi ostili”.

La protesta di una grossa fetta della popolazione del Paese è partita dall’aumento dei prezzi della benzina, utilizzato come un pretesto per manifestare contro il sistema politico della Repubblica, ritenuto responsabile delle condizioni economiche negative. Chi scende in piazza denuncia la distanza tra le convinzioni della teocrazia dominante e la situazione reale nel paese. La prima investe soldi in programmi militari — come quello nucleare — e finanzia all’estero la diffusione della propria influenza tramite gruppi controllati (come Hezbollah in Libano).

Molti cittadini iraniani contestano la scelta di avere una tale forza internazionale mentre all’interno dei confini della nazione permangono condizioni di vita insufficienti. Secondo i manifestanti sarebbero state proprio queste ambizioni e la corsa agli armamenti a far peggiorare l’economia. E la reintroduzione delle dure sanzioni degli Stati Uniti si inserirebbe in questo contesto di responsabilità. “Gli ayatollah aiutano più i gruppi terroristici anti-semiti che controllano la Striscia di Gaza (Hamas e Jihad islamica) che noi”, dicono dalle piazze.

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