Sono confortanti i dati che arrivano dal fronte dell’industria culturale. Secondo lo studio “Italia Creativa” – realizzato da Ernst&Young con il sostegno della Siae e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali – si è aperto un orizzonte positivo sul piano complessivo economico. La ricerca è stata presentata martedì scorso, a Milano, alla presenza del ministro Dario Franceschini.
Secondo l’indagine, che anche quest’anno si occupata del settore, nel 2015 l’industria della cultura e della creatività ha prodotto 47,9 miliardi di euro in Italia. Un numero pari al 2,96% del Pil nazionale. Si è registrato, dunque, un tasso di crescita notevole, ovvero del 2,4% rispetto al 2014. A tal proposito, lo studio ha dimostrato che l’86% dei ricavi è diretto, cioè proveniente dalla concezione, produzione e distribuzione delle opere e dei servizi culturali e creativi. Il resto, invece, è dovuto alle entrate indirette, ossia quelle relative alle attività collaterali o sussidiarie.
Da “Italia Creativa”, poi, è emerso un altro elemento importante. L’industria culturale, infatti, da un punto di vista occupazionale si colloca al terzo posto, preceduto da quello edile e quello della ristorazione e alberghiero. Nello specifico, sono 880.000 gli occupati diretti (+1,7% sul 2014), che superano il milione se si contano anche gli indiretti. La crescita, allora, è addirittura superiore rispetto alla variazione complessiva degli occupati in Italia, che nel 2015 ha segnato un +0,8%.
Per quanto riguarda i vari rami del settore creativo, sono quasi tutti in crescita. Se si esclude l’editoria, in effetti, sul versante economico è la musica a primeggiare, con un aumento del 10% rispetto a tre anni fa. I videogiochi, a loro volta, registrano un +7,8% dal punto di vista occupazionale.
Tuttavia, Donato Iacovone, amministratore delegato di E&Y, ha evidenziato che la quotazione di oggi dell’industria «è pari solo a due terzi del valore che potrebbe generare se si riuscissero a sfruttare le opportunità di crescita e a contrastare le minacce che incombono su di essa». «Quindi – ha aggiunto – il valore potenziale raggiunge i 72 miliardi di euro, con un valore ancora inespresso pari a circa 24 miliardi di euro».
Il settore culturale, dunque, potrebbe fruttare risultati migliori se riuscisse a puntare sulla crescita e a ostacolare due insidie costanti: la pirateria e il value gap, vale a dire il divario tra quanto viene generato dai contenuti creativi in rete e quanto viene restituito a chi ha creato tali contenuti.