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HomeCronaca La crisi dei pronto soccorso, il direttore del San Camillo: “Carenza di risorse umane”

Sanità in crisi nella Capitale
file nei pronto soccorso
e posti letto insufficienti

Il direttore generale del San Camillo

"Forte carenza di risorse umane"

di Clara Lacorte20 Gennaio 2025
20 Gennaio 2025

Angelo Aliquò, direttore generale del San Camillo di Roma

Angelo Aliquò, direttore generale dell’Ospedale San Camillo di Roma, in un’intervista a Lumsanews, ha spiegato i problemi quotidiani nelle strutture ospedaliere della Capitale: dalle lunghe file nei pronto soccorso alla carenza di personale medico e sanitario.

Direttore, quali sono le condizioni del pronto soccorso al San Camillo di Roma? 

“Come molti altri pronto soccorso nella Capitale, anche il nostro affronta ogni giorno una situazione di grande pressione. La struttura è costantemente in attività e affollata e cerchiamo per quanto possiamo di abbreviare i tempi di attesa, anche se c’è ancora tanto da migliorare. In questo periodo la situazione è aggravata dall’influenza e dalla presenza di tanti pellegrini. Questo sovraccarico mette alla prova sia i pazienti che il personale, rendendo difficoltoso garantire un’assistenza tempestiva a tutti coloro che ne hanno bisogno”.

Il personale sanitario presente nella struttura ospedaliera è sufficiente? 

“La situazione al San Camillo è migliore di tante altre strutture e la Regione ci ha supportato con l’autorizzazione ad altre assunzioni che avverranno a brevissimo. Ma il problema del pronto soccorso è direttamente collegato agli effetti delle azioni imposte negli anni passati dai piani di rientro, che giudico personalmente un vero disastro per il sistema sanitario.
Infatti il blocco del turnover e i limiti imposti dai vincoli di bilancio hanno ridotto il numero di medici, infermieri e operatori sanitari disponibili. Questo porta a un sovraccarico di lavoro per il personale esistente, aumentando il rischio di burnout e compromettendo la qualità del servizio. Nonostante l’impegno straordinario di medici e infermieri, la carenza di risorse umane rappresenta una delle principali criticità”. 

Quali sono le cause principali della crisi del Servizio Sanitario Nazionale, in particolare nel Lazio? 

“Ci sono diversi fattori interconnessi, a partire dai vincoli economici. I piani di rientro finanziario imposti alle regioni in deficit hanno portato a tagli lineari che hanno colpito duramente la sanità pubblica. Poi la carenza di personale: il blocco delle assunzioni e la difficoltà di sostituire per troppo tempo il personale in pensione hanno creato una carenza cronica di operatori sanitari che ancora oggi si fa sentire”. 

Perché la domanda di cure è così elevata?

“Veniamo da una pandemia che ci ha provato. Le richieste aumentano anche per l’invecchiamento della popolazione e per l’aumento delle malattie croniche. Poi abbiamo spesso ospedali vecchi, pensati e costruiti in altre epoche. Queste condizioni non favoriscono la gestione del crescente afflusso di pazienti. Mi limito infine a indicare il problema della sanità territoriale, che è probabilmente il più grave”. 

Quali possono essere, invece, le possibili soluzioni? 

“L’aumento dei posti letto, se inserito in un piano strategico più ampio, può contribuire a migliorare la situazione, ma deve essere accompagnato da misure per garantire personale sufficiente e una gestione più efficiente dell’intero sistema. Quindi potrebbe essere una soluzione parziale, ma da solo non sarebbe sufficiente a risolvere i problemi strutturali del sistema sanitario”. 

Sarebbe giusto puntare sulla sanità territoriale?

“Una strategia efficace dovrebbe includere un approccio multidimensionale, tra cui appunto il rafforzamento della medicina territoriale,a partire dal ruolo dei medici di base e dalle cure domiciliari, in modo da ridurre la pressione sui pronto soccorso. E ancora sfruttare la telemedicina e i big data per migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di attesa. Investire in programmi di prevenzione e diagnosi precoce per ridurre l’incidenza delle malattie croniche. Ci sarebbe tanto altro da fare, ma già questi tre punti darebbero davvero alla sanità un rilancio fondamentale”.

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