Riscuotere l’Ici anche dagli enti religiosi. È questa in sintesi la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che costringerà lo Stato italiano a riscuotere l’Imposta comunale sugli immobili non versata dagli enti ecclesiastici con finalità commerciali, tra il 2006 e il 2011. La decisione ribalta e smentisce i precedenti provvedimenti disposti dalla Commissione Europea nel 2012 e dal Tribunale Ue nel 2016, che avevano giudicato irrecuperabile quella cifra che secondo l’Associazione Nazionale Comuni Italiani si aggirerebbe intorno ai 4-5 miliardi di euro, a causa dell’impossibilità di discernere gli istituti che hanno tratto un guadagno dalla loro attività da quelli no-profit. Un ostacolo che, secondo l’organismo di giustizia europeo, costituirebbe un “mero problema interno all’Italia”, da risolvere con urgenza.
L’esenzioni, estese a tutte le organizzazioni ecclesiastiche nel 2005 con un provvedimento del governo Berlusconi, sono state riconosciute incompatibili con le leggi europee sugli aiuti di stato, valevoli solo per le attività non-economiche. Scuole, ospedali e alberghi gestiti dagli ecclesiastici e esentati dal pagamento dell’imposta traevano vantaggi eccessivi a danno di attività analoghe che, situate nelle prossimità degli istituti religiosi, subivano di fatto una concorrenza sleale.
Il ricorso alle precedenti sentenze è stato portato avanti dalla scuola Montessori di Roma, con il sostegno dell’ex deputato radicale Maurizio Turco e dagli avvocati Carlo Pontesilli, Francesco Mazzocchi e Edoardo Gambaro che ha commentato all’Ansa la decisione della Corte, qualificandola come “Una sentenza storica. Se l’Italia non dovesse recuperare gli aiuti, si aprirebbe la via per la procedura di infrazione, con costi a carico dei cittadini”.