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“La carne coltivata
non è ben vista
per come viene presentata”

Massimo Cerofolini (Rai):

“All’estero più sensibilità su questo te

di Alessandro Raeli22 Ottobre 2023
22 Ottobre 2023
carne coltivata Cerofolini

Massimo Cerofolini cura e conduce il programma Eta Beta, su Radio1 Rai, dedicato agli impatti delle tecnologie sulla nostra vita

Massimo Cerofolini è un giornalista, conduttore radiofonico, autore televisivo e sceneggiatore. Attualmente cura e conduce il programma Eta Beta, su Radio1 Rai, dedicato agli impatti delle tecnologie sulla nostra vita. Per il programma tv “Codice – La vita è digitale” in onda su Rai1, di cui è autore e inviato, si è recato a Singapore realizzando un servizio dedicato alla carne coltivata.

Lei è stato a Singapore e ha avuto la possibilità di assaggiare la carne di pollo prodotta in laboratorio. Quale è stata la sua reazione?

“Non ho notato una grande differenza rispetto a un normale pezzo di pollo. Ho ascoltato anche il parere delle altre persone che erano lì presenti. In generale, i pareri erano positivi e nessuno aveva riscontrato grosse differenze rispetto alla comune carne di pollo. Negli scorsi anni era passata alla ribalta anche la carne vegetale. Ma la vera differenza fra i prodotti vegan based e quelli di coltivazione cellulare è che, oltre al gusto, viene riprodotta anche la texture, ovvero la reale consistenza della carne. Quindi anche la sensazione di masticazione è molto simile”.

Come è stato presentato il tema della produzione di carne coltivata nel nostro Paese?

“In Italia c’è la linea intrapresa da Coldiretti che è molto aggressiva e che si basa su un’operazione di lobbying sulle testate giornalistiche. Questo è uno dei motivi per cui – al momento – la carne coltivata non ha una buona reputazione, soprattutto a causa dei termini con cui viene rappresentata: si parla di “carne Frankenstein” o di carne prodotta in bioreattori di cellule impazzite. Su questo, però, non c’è alcuna evidenza scientifica. Inoltre, la retorica che Coldiretti fa dell’allevamento “bucolico” lascia il tempo che trova, viste le condizioni generali in cui versano gli allevamenti italiani”. 

Come viene invece trattato il tema all’estero?

“All’estero si parla molto di questo nuovo tipo di produzione, soprattutto sotto il punto di vista industriale. Negli Stati Uniti la fascia giovanile segue questo tema con più sensibilità rispetto, invece, alla fascia di età che interessa gli over 50. Anche a Singapore il fenomeno è stato accolto favorevolmente e l’attenzione a questo business è sempre più crescente. Lì, al momento, la carne coltivata viene venduta in una macelleria e la carne si può mangiare solo il giovedì perché non ce n’è in abbondanza. Ma nel giro di qualche decennio potrebbe diventare un business che potrebbe addirittura pareggiare il mercato della carne tradizionale”.

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