Nonostante lo scalpore ed i proclami che gli stipendi della “casta” suscitano ormai da anni, la “macchina” parlamentare riesce ancora a fare notizia per i suoi costi. Questa volta gli imputati sono i dipendenti di Montecitorio; documentaristi, tecnici, ragionieri e consiglieri parlamentari che vantano retribuzioni paragonabili – se non addirittura superiori – a quelle del capo dello Stato Giorgio Napolitano.
L’inchiesta arriva dalle pagine del Giornale: Fabrizio De Feo rende note le retribuzioni di tutte le categorie di impiegati con uno stipendio da privilegiati, la cui entità supera soglie dal particolare valore simbolico, come i 239mila euro lordi annui che recepisce Napolitano o i 125mila annui che toccano ad ogni deputato. Si apprende così che sono 104 i dipendenti che guadagnano più del capo dello Stato, oltrepassando peraltro anche il tetto imposto da Matteo Renzi per i manager pubblici (238mila euro). Sono invece 522 i dipendenti che vantano una retribuzione annua superiore a quella di un deputato, pur rivestendo mansioni relativamente marginali come quella di commesso, tecnico o di addetto alla sicurezza. Di fronte a questo scenario è lecito aspettarsi un intervento del Governo che riporti quantomeno il senso della “misura” nell’elargire compensi. La patata bollente spetterà a Marina Sereni, vicepresidente della Camera con delega al personale: “Siamo al lavoro per intervenire sulle retribuzioni. Fisseremo un tetto per i dirigenti e, proporzionalmente, anche per gli altri livelli.” Non sarà un compito facile, come spiega il Giornale, considerando che l’autodichia parlamentare garantisce l’autonomia di Montecitorio da qualsiasi vincolo imposto dalla Corte dei Conti, dalla magistratura o dal codice dei contratti pubblici. A ciò vanno aggiunte le dodici sigle sindacali interne pronte a dare battaglia. In questo scenario sarebbe necessaria la buona volontà e un certo senso di responsabilità da parte dei dipendenti, predisposizione di cui al momento è quantomeno difficile cogliere i segnali.
Raffaele Sardella