Riccardo Noury è portavoce di Amnesty International Italia. È autore di vari libri sulle violazioni dei diritti umani e si è interessato soprattutto di pena di morte e torture.
Gli italiani sono xenofobi?
“Negli ultimi mesi è emerso che c’è questa caccia al nemico sotto forma di straniero attraverso frasi offensive e fake news. È un tema che ha dominato la campagna elettorale delle elezioni del 4 marzo”.
La situazione è peggiorata negli ultimi tempi?
“Abbiamo fatto un salto in negativo, non solo sulla facilità e la replicabilità degli atti razzisti, ma anche sull’accettazione da parte della società italiana: la minimizzazione. Espressioni come “atto di goliardia” sono un evidente esempio”.
Che effetto produrrà il decreto Salvini?
“È evidente che questo decreto ha comportato un minore riconoscimento di diritti per i richiedenti asilo. Da più parti si dice che genererà insicurezza perché smantellando il sistema di accoglienza – quello che funzionava – si produrrà invisibilità, emarginazione, minore accoglienza. Su questo non c’è dubbio. Il decreto arriva in un momento in cui non c’è nessun tipo di emergenza”.
Questo che significa?
“È come se ci fosse questo spasmodico bisogno di vivere nell’emergenza, per cui se da un lato la – presunta – emergenza si chiude bloccando le persone in Libia, dall’altro si ricrea l’emergenza con questo decreto che produce gli effetti appena citati”.
Gli arrivi sono in costante diminuzione però.
“Coincide però con uno scempio, in termini di diritti delle persone bloccate in Libia: testimonianze di torture, stupri e riduzione in schiavitù sono all’ordine del giorno”.
Non c’è più quindi l’emergenza migranti?
“I dati ci dicono che c’è una riduzione almeno dell’80%; diminuiscono gli approdi in Italia, aumenta il numero delle persone bloccate in Libia. Queste ultime soffrono, quelle che cercano di partire invece o muoiono in mare o vengono riportate in Libia dalla guardia costiera di quel Paese. Quindi da un punto di vista numerico nessuno può parlare di emergenza, ammesso che se ne potesse parlare prima”.
Che ruolo hanno i social nella diffusione dell’odio?
“Un ruolo molto negativo. La rete è diventato un luogo di propagazione di intolleranza, scarsamente controllato, e di contenuti che possono essere sia offensivi che falsi e che non si riescono a frenare”.
Questo meccanismo come si riflette sulla vita reale?
“C’è un meccanismo di ritorno per quanto riguarda gli insulti sul web. Dall’online l’odio si sposta sempre più offline, in modo banale, come se fosse normale. È un effetto rimbalzo, che alla fine produce il risultato di rendere oggi tollerabile quello che ieri non lo era, di rendere domani accettabile e anzi un valore positivo quello che oggi è tollerabile. E così via”.