La prima risposta alle sanzioni contro la Russia è arrivata. È una lista nera redatta da Mosca con elencati i Paesi “che commettono azioni ostili contro la Russia”. Nell’elenco compare anche l’Italia. “Ce lo aspettavamo – rassicura il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio – questo dimostra che le sanzioni stanno funzionando”. Ciò nonostante, si stimano già le conseguenze economiche che potrebbero investire la Penisola.
I primi a scontare gli effetti del nuovo decreto di Mosca sarebbero i cittadini italiani che vivono in Russia. I visti potrebbero essere ritirati oppure potrebbe essere estesa la censura, che prevede multe altissime e l’arresto. Per questo motivo la Farnesina continua a sollecitare il rientro in patria degli italiani.
Il Cremlino ha poi stabilito che i creditori stranieri potrebbero essere ripagati dalle obbligazioni in valuta con rubli. Un’opzione che non è prevista nella maggioranza dei contratti commerciali e che è considerata rischiosa sul piano finanziario dato che il rublo ha già perso molto valore e si stima ne perderà ancora in futuro. A rischio anche le banche italiane, il cui volume lordo delle esposizioni sulla Russia vale 25,3 miliardi di euro, il più alto rispetto agli altri Stati europei.
Il governo di Mosca potrebbe decidere di nazionalizzare le aziende straniere che operano in Russia, esercitando il pieno controllo su di esse fino ad acquisirne le proprietà. Si temono anche ritorsioni anche su tutta la catena alimentare italiana nel caso in cui fossero ridotte drasticamente le importazioni di grano e mais proveniente da Russia e Ucraina.
Nei giorni precedenti l’Italia ha avviato una serie di trattative con diversi Paesi, tra cui Algeria e Qatar, per trovare forniture alternative di gas ed energia se la Russia decidesse di chiudere i suoi rubinetti. Si tratta di una ipotesi per ora remota dato che il primo a pagarne le conseguenze sarebbe la Russia stessa: il gas è la sua prima fonte di entrate. Inoltre, poiché l’Europa riceve l’80% delle esportazioni russe di idrocarburi, sarebbe materialmente impossibile deviare le infrastrutture di trasporto già esistenti.