Resta ancora in carcere Uke Rugova, membro del parlamento del Kosovo e figlio del defunto presidente e padre dell’indipendenza del Kosovo, Ibrahim Rugova, coinvolto nello scandalo di un centinaio di visti italiani validi per entrare nell’area Schengen, venduti a 3.500 euro all’ambasciata italiana di Pristina. Una vicenda che getta ombre sulla rappresentanza diplomatica del nostro paese e che coinvolge, oltre al discendente del pater patriae della città dei Balcani, protagonista dell’indipendenza kosovara, altre nove persone, arrestate dalla polizia di Eulex (la missione europea in Kosovo) con l’accusa di truffa a danno dell’ambasciata italiana a Pristina Perquisizioni e controlli sono stati eseguiti nelle abitazioni degli arrestati da parte di agenti della polizia Ue con tanto di maschere nere, mentre l’ambasciata italiana, sta collaborando “in stretta e mutua cooperazione” insieme con l’Ufficio del procuratore speciale del Kosovo e con la polizia della missione europea. La Farnesina ha invece adottato una serie di provvedimenti punitivi nei confronti di alcuni funzionari interni all’ambasciata a Pristina.
Tra i protagonisti della “frode”, anche un cittadino albanese, Florian Petani, “collaboratore consolare”, come si definisce sul suo profilo Linkedin, e Izet Beqiri, già ricercato dalla giustizia italiana.
Nella realtà del Kosovo, uno dei paesi più poveri dell’area dei Balcani, indipendente dal 2008, caratterizzato da una sempre più dilagante corruzione, la crescente richiesta dei visti all’ambasciata italiana, indispensabili per accedere all’area Schengen, rappresenta la disperata necessità da parte del popolo kosovaro, di entrare in territorio Ue alla ricerca di un lavoro e di una prospettiva di vita migliore.
Samantha De Martin