La storia di Juan Lebras è singolare. Francese, fotografo professionista, vive nel luogo dove Ernesto Che Guevara rimase imprigionato dal 7 al 9 ottobre 1967: La Higuera. Ha comprato quello che prima era l’edificio del telegrafo del villaggio, storicamente importante nella guerriglia del Che in Bolivia. Qui infatti uno dei compagni di Guevara trovò un telegramma che segnalava la presenza di soldati boliviani in zona. Ciò costrinse i guerriglieri a cambiare piani, forse compromettendo del tutto il tentativo insurrezionista.
Lebras ha fatto di questo luogo un ostello. Al cui esterno c’è una campana da suonare per annunciare la propria presenza e al cui interno le stanze hanno la caratteristica di non essere illuminate dalla luce elettrica, ma da candele. Qui mostra anche una serie di documenti e reperti risalenti alla guerriglia.
Quando è arrivato in Bolivia e perché?
Sono arrivato qui nel 2002 per fare un reportage fotografico sulla vita dei contadini a La Higuera, per compararla a quella che facevano nel 1967, l’anno della guerriglia. Lavoravo come fotografo professionista freelance per varie agenzie dell’America Latina già dal 1986.
Quando ha deciso di rimanere qui e comprarsi la casa? Chi gliel’ha venduta?
Rimasi vari giorni a La Higuera. Proprio quando me ne stavo andando, alcuni contadini me la offrirono in vendita. L’ho comprata al volo senza nemmeno visitarla, perché dovevo ritornare a Rio de Janeiro dove lavoravo. Alcuni mesi dopo, mi ricordai di questo acquisto e decisi di conoscere meglio la casa, che si trova in un luogo storico e importante per me.
Quindi lei aveva un interesse particolare per Che Guevara già da prima?
Diventai comunista da giovane, a 14 anni: era il 1968. Avevo una conoscenza generale delle idee rivoluzionarie; gli ideali e la personalità del Che mi risvegliavano un particolare interesse. Qui nella Casa del Telegrafista cerco di diffondere proprio queste idee, come la de-globalizzazione e la lotta anti-imperialista.
E a La Higuera come si trova?
Non è facilissimo vivere qui, vista la differenza di razza e cultura. Sarò sempre considerato “el gringo” dalla gente del villaggio. Ciononostante in questo luogo ho l’opportunità di concretizzare e condividere la mia filosofia di vita. Che considero una sfida allo stile di vita capitalista.