NEWS ANSA

Sito aggiornato alle 13:20 del 22 novembre 2024

HomeCronaca Jobs Act, il Senato dice sì ma è rissa. Cresce la fronda PD, governo salvato dai bersaniani

Jobs Act, il Senato dice sì ma è rissa. Cresce la fronda PD, governo salvato dai bersaniani

di Nino Fazio09 Ottobre 2014
09 Ottobre 2014

Jobs Act, il Senato dice sì ma è rissa. Cresce la fronda PD, governo salvato dai bersaniani

Il Jobs Act passa al Senato. Alle 00.52, con 165 sì, 111 contrari e 2 astenuti, va in archivio una giornata poco decorosa per l’aula, cominciata male e finita anche peggio. In mattinata il presidente del Senato Pietro Grasso espelle dall’aula il capogruppo del M5S Vito Petrocelli. Il pentastellato aveva sventolato un foglio bianco “come la delega del governo”, offrendo 30 centesimi di elemosina al ministro Poletti. Nel pomeriggio, con la richiesta del ministro Maria Elena Boschi della fiducia sul maxiemendamento al Jobs Act, scoppia il caos in aula. Gli scranni di Palazzo Madama si trasformano in men che non si dica in un’arena. Lega e M5S occupano i banchi del governo, volano libri, pennarelli e un regolamento del Senato lanciato dal capogruppo Gian Marco Centinaio all’indirizzo del presidente Grasso, colui che quel regolamento lo deve far rispettare. Nell’adrenalina collettiva, la capogruppo Sel Loredana De Petris e il senatore PD Roberto Cociancich si sfidano a singolar tenzone: urla, spinte e invettive promettono fuoco e fiamme. Solo l’intervento dei colleghi e degli assistenti d’aula evita lo scontro. La sberla della De Petris, abilmente schivata da Cociancich, finisce dritta sulla faccia della senatrice Emma Fattorini del Pd.

“Reazioni” che, secondo Matteo Renzi, “fanno parte più delle sceneggiate che non della politica”. Il premier, che ha incassato la fiducia numero 24, esprime soddisfazione, definendo il sì alla riforma del lavoro “un grandissimo passo avanti”. Tra le novità più rilevanti, l’introduzione per i licenziamenti di natura economica di un indennizzo in denaro, crescente con l’anzianità, che sostituisce il reintegro. Abolito, inoltre, il contratto di collaborazione a progetto. Per le nuove assunzioni entrerà in vigore il nuovo contratto a tutele crescenti in rapporto all’anzianità di servizio. Le modifiche sull’articolo 18, vero pomo della discordia, sono rimandate ai decreti delegati, che dovranno essere emanati entro sei mesi dalla data di approvazione alla Camera del Jobs Act.

Nel complesso, però, il premier può dirsi soddisfatto: la maggioranza ha retto bene, fronteggiando il voto contrario di Forza Italia, e la tanto pronosticata “uscita” della minoranza del PD non è avvenuta. Almeno per il momento. I senatori Felice Casson, Corradino Mineo e Letizia Ricchiuti hanno lasciato l’aula. Ha votato invece sì Walter Tocci, annunciando le dimissioni da Senatore. Leali all’esecutivo anche i 27 senatori bersaniani, che hanno manifestato però il loro dissenso in un documento programmatico, firmato anche da 9 deputati “dem”. Voto importante quello dei bersaniani: con la soglia a 140 voti, un no dei 27 senatori avrebbe fatto cadere il governo. La battaglia ora si sposta alla Camera, dove l’ex ministro Damiano promette battaglia vera. Tra risse e alterchi, intanto, il presidente del Consiglio ha incassato un altro sì. Una giornata di certo positiva per lui, da archiviare il prima possibile per la politica italiana.

Nino Fazio

Ti potrebbe interessare

logo ansa
fondazione roma
Carlo Chianura
Direttore delle testate e dei laboratori
Fabio Zavattaro
Direttore scientifico
@Designed & Developed by Bedig