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Tre senatori dissidenti, nuove voci scissioniste: il PD è un partito senza pace

di Stelio Fergola10 Ottobre 2014
10 Ottobre 2014

bsFelice Casson, Corradino Mineo e Lucrezia Ricchiuti, sono i tre senatori “dissidenti” del PD, usciti dall’aula mentre si votava la fiducia al governo su Jobs Act e Articolo 18 e sotto accusa della direzione del partito. E anche Pippo Civati torna sul piede di guerra.
E’ il vicepresidente della Camera Roberto Giacchetti a chiedere espressamente l’espulsione dei tre senatori, con parole molto dure: “Chi è rimasto fuori dell’aula poteva far cadere il governo, andando contro una linea votata dalla direzione e dal gruppo parlamentare. In una comunità il rispetto delle regole è un discrimine: se le violi ti metti fuori, automaticamente. Serve una decisione formale che ne prenda atto”.
L’approvazione turbolenta del Jobs Act nella tarda serata di mercoledi 8 ottobre ha insomma approfondito le fratture con la minoranza del partito: a dare manforte alle enormi differenze che separano Matteo Renzi dai dissidenti, sicuramente avevano contribuito le dichiarazioni di Walter Tocci, che dopo il “sofferto” sì al provvedimento aveva dichiarato di essersi sentito in dovere di dimettersi.
Giuseppe Civati ha nella serata di ieri espresso considerazioni molto dure verso la maggioranza di partito e di governo. Per Civati il caso Tocci è emblematico di una situazione che ha coinvolto molti senatori democratici: “Ieri molti sì erano dei no. Io fossi stato senatore la fiducia non l’avrei votata e non si tratta di una questione di disciplina di partito”. La scissione? “Se non la faccio io, prima o poi la farà qualcun altro”.
Il Jobs Act è argomento caldo dagli albori della presidenza Renzi, ma il periodo più complicato è degli ultimi dieci giorni, in particolare dall’approvazione dell’abolizione dell’articolo 18 contestata duramente da Bersani e D’Alema in direzione PD.
L’ex segretario si era espresso in modo molto crudo contro Renzi e il Jobs Act quando aveva definito “stravaganti” le affermazioni del Presidente del Consiglio sul provvedimento, mentre D’Alema aveva polemizzato contro le informazioni errate divulgate sulla novità della riforma, a suo giudizio già intrapresa pesantemente dalla legge Fornero del 2012.

Stelio Fergola

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