L’ aula della Camera ha approvato la questione di fiducia posta dal governo sull’ articolo 1
dell’ Italicum con 352 , 207 voti contrari e con una minoranza Dem sempre più divisa. Sono stati 36 i deputati del Pd che hanno negato la fiducia al governo e, tra questi, l’ex segretario del partito, Pierluigi Bersani. «Non posso accettare come cittadino, parlamentare, membro del partito democratico che si zittisca il Parlamento su un tema come la legge elettorale» ha ribadito Bersani rispondendo alle domande di Radio Popolare e Gr Parlamento sulla mancata fiducia all’Italicum. «Buttare fuori le persone dalle commissioni parlamentari, mettere la fiducia su questo tema – ha detto l’ex segretario del Pd – è un precedente piuttosto serio di cui non voglio prendermi la responsabilità. Non porterà a niente di buono».
Domata solo per qualche ora l’accesa bagarre che ieri, a colpi di insulti e crisantemi, aveva infiammato l’aula di Montecitorio al momento della questione di fiducia posta dal governo sulla nuova legge elettorale, passata, questo pomeriggio, la prima votazione, c’è grande attesa per le altre due fiducie, in agenda domani, sugli articoli 1, 2 e 4 dell’Italicum.
Dopo la sfida lanciata a una minoranza del Pd sempre più agitata da spaccature, il premier Matteo Renzi – in una lettera indirizzata al quotidiano “La Stampa”, nella quale illustrava la legge elettorale – aveva assicurato che «mettere la fiducia è un gesto di serietà verso i cittadini e se non passerà, il governo andrà a casa». «Se un Parlamento decide – ha ribadito Renzi – questa è democrazia, non dittatura. Se il Parlamento rinvia, se il governo temporeggia, il rischio è l’ anarchia».
Il bilancio della giornata di ieri aveva contato 385 voti favorevoli per la maggioranza a Montecitorio al primo voto, a scrutinio segreto, sulle questioni pregiudiziali dell’Italicum su un totale di 576 votanti. Consensi scesi a 369 quando il voto è divenuto palese e 14 esponenti del Pd, tra i quali Bersani e Cuperlo, hanno lasciato l’aula. Commentando la questione di fiducia sull’Italicum, l’ex segretario del Pd, parlando del partito aveva dichiarato: «Non è più la ditta che ho contribuito a costruire. Qui non stiamo parlando di Bersani contro Renzi, e neanche il governo c’ entra niente. Qui è in gioco una cosuccia chiamata democrazia».
In merito alla possibilità che ci possa essere una scissione all’ interno del partito, Cuperlo aveva spiegato: «Penso che lo spazio debba trovarsi dentro il Pd. Credo nel mio partito, credo sia una forza che deve rimanere profondamente radicata nel suo campo, la sinistra e il centrosinistra».
Il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Renato Brunetta, questa mattina ha fatto sapere su Twitter che «chi ridicolizza quel che sta succedendo con deriva autoritaria Renzi è di fatto colluso. Come con il fascismo». Anche ieri – durante la lite scoppiata in aula dopo che la presidente della Camera, Boldrini, aveva dichiarato ammissibile il voto di fiducia sull’Italicum – il capogruppo berlusconiano aveva fatto ricorso al lessico mussoliniano nel tentativo di tingere di nero la riforma del governo. «Non consentiremo che quest’aula diventi un bivacco di manipoli renziani! Noi non consentiremo il fascismo renziano» aveva tuonato Brunetta.
Dopo il voto finale, probabilmente lunedì, sull’Italicum, sarà la volta della riforma costituzionale. «Prima dell’estate portiamo a casa anche quella» ha assicurato Renzi. Confermando l’eventualità di possibili modifiche il premier ha affermato: «La discussione è aperta e vera. Soprattutto sui contrappesi al governo e alla maggioranza. Su questo discutiamo: l’importante è che non si parli di uno scambio con l’Italicum».
Samantha De Martin