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Italia al 73esimo posto per la libertà di stampa. Di Battista: “Dopo il Botswana ? Classifica irreale”

di Samantha De Martin03 Marzo 2015
03 Marzo 2015

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Le statistiche in merito alla libertà di stampa alla luce della classifica pubblicata da Reporters sans Frontières che, per il 2015, colloca l’Italia al 73esimo posto dopo Senegal e Moldavia, hanno scatenato un’accesa bagarre tra alcuni addetti ai lavori del giornalismo italiano.
Una risposta al vetriolo sulle pagine del Corriere della Sera è giunta, immediata, da Pierluigi Battista che, in un articolo percorso da un’acuta ironia, ha definito “irreale”, “bislacca e arbitraria” la classifica annuale pubblicata, qualche settimana fa, dall’organizzazione non governativa che annovera tra i suoi obiettivi la difesa della libertà di stampa.
“In soli 365 giorni – scrive Di Battista – l’Italia sarebbe sprofondata al posto numero 73, retrocedendo, in un solo anno, di 24 posizioni per collocarsi addirittura dietro la Moldavia ma prima del Nicaragua. Un anno drammatico in cui siamo praticamente diventati un ex Paese libero, e manco ce n’eravamo accorti”.
Stando, infatti, al barometro dell’organizzazione che misura il livello di libertà di stampa nel mondo il nostro paese si colloca dopo il Belize che guadagna il 30esimo posto, il Ghana, in 22esima posizione, il Botswana e il Salvador.
Di Battista si chiede quali motivi abbiano potuto determinare lo scivolamento dell’informazione italiana verso gli inferi del libero pensiero, sulla soglia della censura, al limite della menzogna.
“Quante didascalie non veritiere – tuona ironicamente il giornalista – quanti articoli amputati, quanti titoli fallaci, quanti sommari truffaldini, quante cronache censurate avranno compulsato con la loro proverbiale acribia i giurati di Reporter senza frontiere”.
Al tagliente intervento di Di Battista che straccia con sarcasmo la classifica “irreale” stilata dall’organizzazione, caratterizzata, a suo avviso, da “misteriosi parametri”, si oppone Mimmo Càndito, della sezione italiana di Reporters sans Frontières, che difende la trasparenza e l’autenticità dei dati che “necessiterebbero piuttosto – spiega Càndito – di maggiore attenzione e riflessione”. “La classifica – insiste – è costruita con l’utilizzo di sette indicatori (trasparenza, autocensura, aggressioni….) uguali per tutti i 180 paesi, e con l’aiuto di soggetti “locali” considerati credibili per la loro professionalità, la loro storia culturale, il loro ruolo sociale”.
Dalle cifre fornite dall’osservatorio “Ossigeno per l’informazione”, emerge comunque che nel 2015 ci sono stati 506 giornalisti italiani minacciati per la loro attività, 47 dei quali hanno subito aggressioni fisiche. “Sono cifre preoccupanti – continua Càndito – che sfuggono talora, perdute nelle cronache d’ogni giorno, ma che, poi, nel consuntivo globale della somma di fine anno denunciano una dimensione molto grave, inusuale certamente in tutti gli altri paesi europei”.
Tra gli elementi che, secondo l’esponente italiano di Reporters sans Frontières, avrebbero contribuito a far scivolare l’Italia in 73esima posizione nella staffetta mondiale per la libertà di stampa, il forte condizionamento nei confronti del lavoro giornalistico da parte del potere politico ed economico.

Samantha De Martin

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