L’Istat riporta che, nel 2017, una persona su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale, il 28,9% in totale. La stima è lievemente in diminuzione rispetto ai risultati del 2016, quando in condizione critica era il 30% della popolazione. Dai dati più dettagliati risulta “pressoché stabile al 20,3% la percentuale di individui a rischio povertà (era al 20,6%), mentre si riducono sensibilmente i soggetti che vivono in famiglie gravemente deprivate (10,1% da 12,1%), come pure coloro che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (11,8% da 12,8%)”.
Il Sud resta l’area più soggetta ai problemi di povertà o esclusione sociale (44,4%), sebbene anche in questo caso vi è una diminuzione rispetto al 2016 (46,9%). Stabile al 25,3% la quota al Centro, mentre al Nord la situazione è più incoraggiante e registra miglioramenti sia per il Nord-est (16,1% da 17,1%), sia per il Nord-ovest (20,7% da 21%).
Nel 2016 il reddito medio delle famiglie italiane è salito a circa 2.550 euro mensili per un totale di 30.595 euro l’anno, un dato comunque inferiore ai livelli pre-crisi, con una perdita in termini reali dell’8,5% per il reddito familiare. Metà di esse, inoltre, percepisce un reddito netto non superiore a 25.091 euro l’anno.
L’Istat aggiunge che le famiglie con un reddito inferiore a 9.925 euro sono considerate a rischio povertà, mentre le famiglie a bassa intensità di lavoro sono quelle con persone di un’età compresa tra i 18 e i 59 che nel 2016 hanno lavorato meno di un quinto del tempo.
Dai dati Istat emerge anche che nel 2016 la disuguaglianza è calata: il reddito equivalente del 20% più povero della popolazione è aumentato del 7,7% in termini reali dal 2015, mentre quello del 20% più ricco è cresciuto dell’1,9%. Ma la perdita complessiva accumulata nella crisi rimane del 14,3% (dal 2009) per chi ha i redditi più bassi.