Il Pil italiano è cresciuto del 6,5% nel 2021. A certificare l’atteso dato è l’Istat, per il quale la variazione acquisita per il 2022 è del +2,4%: questo è il livello di crescita assicurato come eredità dell’anno scorso.
Per trovare un tasso di crescita così elevato, “bisogna andare indietro al 1976, circa 45 anni fa”. Lo ha detto Giovanni Savio, direttore centrale della contabilità nazionale dell’Istat, durante una conferenza stampa sui dati di crescita pubblicati oggi.
Il dato per il 2021 è corretto per le giornate lavorative e destagionalizzato rispetto al 2020, quando l’economia italiana aveva subito un crollo di quasi il 9%.
Il boom vero è proprio è arrivato nel quarto trimestre del 2021: l’economia italiana ha registrato una crescita dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti e del 6,4% su base annua.
La stima dell’Istat risulta di gran lunga superiore a ogni previsione e rivela una espansione sia nell’industria che nei servizi. “Dal lato della domanda – spiega Istat – vi è un contributo positivo della componente nazionale e un apporto negativo della componente estera netta”.
I dati arrivano in un momento cruciale per la ripresa italiana, con gli indici di fiducia che hanno segnato il passo dopo il forte recupero dei mesi passati.
Dopo la battaglia del Quirinale, ora il governo deve tornare a consolidare una ripresa che parte tutta in salita, a cominciare dall’aumento dei prezzi fino alla realizzazione del Pnrr.
Prima dei dati ufficiali era stato il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, a lanciare un messaggio di ottimismo. “Io credo che con la primavera, con la minore esigenza di energia e gas, cali la pressione e di conseguenza i prezzi. Però bisogna controllare che non ci sia una pancia, una flessione momentanea nel processo di crescita”, ha sottolineato Brunetta a Radio 24.
Le più recenti stime rilasciate da Bankitalia e Fmi hanno invece posto l’asticella per il 2022 al 3,8% in rallentamento rispetto alle previsioni autunnali. Le cause sarebbero proprio la persistenza dell’inflazione, i problemi alle catene di forniture e l’impatto di Omicron.