In Italia si riduce leggermente il valore dell’economia sommersa, ovvero quell’insieme di attività economiche che sfuggono alla rilevazione statistica e al controllo fiscale.
A diffondere la notizia l’Istat con la pubblicazione del “Rapporto sull’economia non osservata nei conti nazionali”. Secondo l’ente di ricerca, nel 2015, il valore registrato è di 208 miliardi di euro circa, con un’incidenza sul Prodotto interno lordo pari al 12,6%.
Rispetto al 2014 diminuisce sia l’ammontare complessivo (circa 5 miliardi) sia l’incidenza sul complesso dell’attività economica (-0,5 punti percentuali). Il 2015 segna quindi un’inversione di tendenza rispetto all’andamento del triennio 2011-2014, caratterizzato da un progressivo aumento in termini sia di valore che di peso.
La composizione dell’economia non osservata, secondo l’Istat, si è modificata in maniera significativa tra il 2014 e il 2015. Diminuisce l’evasione fiscale e in particolare scende l’incidenza della sotto-dichiarazione, ovvero quella quota del valore aggiunto prodotto da imprese regolari ma sottratto al controllo fiscale attraverso false dichiarazioni su fatturato e utili. Questa voce rappresenta il 44,9% del totale dell’economia sommersa, in calo del 2% rispetto al 2014. Il peso dell’occultamento di una parte del reddito da parte delle imprese, attraverso dichiarazioni volutamente errate, è maggiore nei servizi professionali (dove vale il 16,2% del valore aggiunto), in commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (12,8%) e nelle costruzioni (12,3%).
Aumenta invece il peso dell’impiego di lavoro irregolare. L’Istat stima che nel 2015 le unità di lavoro in nero sono state 3 milioni 724 mila, in crescita sull’anno precedente di 57 mila unità. Il tasso di irregolarità è pari al 15,9% (+0,2 punti rispetto al 2014) e tocca il 47,6% nei servizi alla persona. Questa incidenza è molto significativa nell’agricoltura (17,9%), nelle costruzioni (16,9%) e nei settori di commercio, trasporti, alloggi e ristorazione (16,7%).
A crescere è anche la componente relativa alle attività illegali. Traffico di sostanze stupefacenti, contrabbando di sigarette e prostituzione generano un valore aggiunto di 15,8 miliardi di euro, 0,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente. La crescita, secondo l’istituto di ricerca, è dovuta in particolare al mercato della droga, che sale dagli 11,6 miliardi del 2014 agli 11,8 miliardi nel 2015 e vale, da solo, poco meno del 75% del valore complessivo delle attività illecite.
A commentare i dati diffusi dall’Istat Massimo Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: “L’aspetto più preoccupante è l’aumento del lavoro irregolare. Per combattere questo fenomeno bisogna cambiare le regole. Fino a che il lavoratore che denuncia il lavoro in nero rischia di passare per evasore, non si andrà da nessuna parte” dichiara.
Preoccupazioni arrivano anche dal mondo politico. La Responsabile Lavoro del PD, Chiara Gribaudo commenta: “Per combattere il lavoro in nero dobbiamo percorrere due strade parallele: la prima è quella dei controlli, ma la seconda e più importante è quella della semplificazione e della convenienza del lavoro legale. Rendere i contratti più semplici e fruibili – prosegue la deputata – è stata una delle sfide del Jobs act, e i dati sull’occupazione ci dicono che era la strada giusta, ma ancora molto può essere fatto dal punto di vista burocratico”.
Di altro avviso, Giulio Marcon, capogruppo di Sinistra Italiana-Possibile a Montecitorio, che, commentando i dati Istat, attacca la riforma del lavoro di Renzi: “Abbiamo perso la battaglia contro il lavoro nero. Il Jobs Act è servito soltanto a togliere diritti alle lavoratrici e ai lavoratori e non ha prodotto un solo posto di lavoro stabile in più”.