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HomeEconomia Istat, aumenta il rischio povertà. Nel 2024 colpito il 23,1% della popolazione italiana

Istat, a rischio povertà
il 23,1% della popolazione
"Fallimento del governo"

I nuovi dati dell'Istituto di statistica

Landini:"Italiani precari e poveri"

di Marco Bertolini26 Marzo 2025
26 Marzo 2025
Istat

Il logo dell'Istat | Foto Ansa

ROMA – Il rischio povertà sale, quasi una famiglia su 4 ne è colpita. A decretarlo sono i nuovi dati Istat, secondo cui le persone a rischio di povertà o esclusione sociale – indice che descrive una condizione di forte deprivazione, come l’incapacità di partecipare a determinate attività sociali – sono aumentate. Nel 2024 infatti il dato è salito al 23,1%, allargando la forbice delle disuguaglianze e registrando un incremento dello 0,3% rispetto al 2023. Numeri preoccupanti, scritti nero su bianco nel report “Condizioni di vita e reddito delle famiglie, anni 2023-2024” redatto dall’Istituto nazionale di statistica.

Quanti sono i lavoratori a basso reddito 

In particolare, i lavoratori a basso reddito nel 2023 erano pari al 21% del totale. Valore pressoché invariato rispetto al 2024. I dati mostrano una differenza a seconda del settore di attività economica: risultano a basso reddito l’11% degli occupati nell’industria, il 21% nel settore dei servizi di mercato e il 44,5% in quello dei servizi alla persona. 

Non solo. Nel 2024 risulta a rischio di povertà il 10,3% degli occupati tra i 18 e i 64 anni. Peggio del 2023, quando era il 9,9%. Le donne sono a meno rischio di povertà lavorativa rispetto agli uomini: 8,3% contro l’11,8%. Questo nonostante in Italia le donne abbiano una maggiore probabilità di avere un lavoro a basso reddito. Gli stranieri risultano le persone più a rischio povertà: rappresentano il 22,6% dei casi. 

Unione consumatori: ”I dati sono una vergogna”

Numeri che mettono sul piede di guerra le associazioni di categoria e i sindacati. “Dati da terzo mondo, avere quasi un quarto della popolazione a rischio povertà o esclusione sociale non è degno di un Paese civile” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione consumatori. Dona ha sottolineato come siano il risultato di politiche non di successo: ”Il governo Meloni ha fallito sul fronte del contrasto alla povertà”. Cosa fare adesso? Per il presidente urge una riforma complessiva del fisco che riduca gli oneri di sistema e l’Iva alle bollette per esempio. Non solo fisco ma anche salari.

A commentare i dati anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, “i rinnovi dei contratti devono aumentare e tutelare davvero il potere d’acquisto”. Il sindacalista ha riassunto il report evidenziando che “in Italia si è precari e si è poveri, con il governo che non prende i soldi dove ci sono”. I dati Istat, secondo il segretario Cgil, dimostrano che il modello degli ultimi 20 anni va cambiato. Un modello contraddistinto da un lavoro precarizzato e un modo di fare impresa che uccide.

Anche il Codacons si è esposto: “La prova di una riduzione del valore reale dei redditi e un incremento delle difficoltà economiche degli italiani”. Il coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori non ha dubbi: “Le cause sono il caro prezzi e l’aumento delle bollette energetiche”. Anche il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, ha evidenziato come “la perdita di potere d’acquisto dei lavori e delle famiglie siano il fallimento del governo”. La richiesta dei dem per iniziare a cambiare le cose è chiara: sì al salario minimo.

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